domenica, 15 Giugno, 2025
Libri

Io sono Tonino – Rinascere dalle ceneri: un uomo, una missione

Partiamo proprio dal titolo, soffermandoci in particolare su una parola: “missione”. Ecco, qual è la sua missione?

È più di un semplice obiettivo: è un desiderio profondo di offrire un supporto concreto a chi si trova in difficoltà, accompagnandolo in un percorso di scoperta del proprio potenziale e di trasformazione personale. La mia esperienza mi ha spinto a voler spronare gli altri a considerare il dolore come carburante. In quest’ottica, l’ultimo capitolo è concepito come un invito all’azione, con esercizi mirati a risvegliare la forza interiore e a promuovere un cambiamento positivo e duraturo nella propria esistenza.

Quanto è stato difficile aprirsi ai ricordi dolorosi che ha vissuto? E quanto, invece, è stato liberatorio scrivere di sé?

È sempre una sfida rivivere mentalmente, emotivamente e fisicamente gli eventi dolorosi che mi hanno segnato. Ma questi ricordi, che riaffiorino o meno attraverso la scrittura, restano comunque intrappolati dentro di noi. Esprimerli può dunque avere un effetto liberatorio, aiutando a dare un senso al caos e al dolore vissuti, e in qualche modo a trasformarli. Col tempo, e grazie ad alcune pratiche, quei ricordi più insidiosi hanno trovato un loro posto e hanno persino smesso di tormentarmi. Tuttavia, la spinta più forte a raccontarmi è nata da un altro bisogno: quello di condividere le mie esperienze e offrire la mia voce a chi si sente solo e sperduto. Perché sapere che qualcun altro ha attraversato l’inferno e ne è uscito può accendere una piccola luce. E quella luce, a volte, può fare una grande differenza.

Lei descrive la sua infanzia come un periodo in cui veniva “sballottato da una nazione all’altra, da una zia all’altra”. Quanto hanno influito questi continui spostamenti sulla sua percezione di famiglia e appartenenza?

La mia infanzia turbolenta mi ha segnato profondamente, instillando in me una profonda compassione per i bambini privati dell’amore e della stabilità familiare. La famiglia, per me, è diventata un ideale, quasi un sogno da rincorrere. Ma l’assenza di un focolare stabile ha reso difficile costruirne uno mio. Ho tre figli e ho cercato con tutte le forze di offrire loro quella sicurezza affettiva che a me è mancata. Tuttavia, il divorzio ha mostrato con chiarezza quanto le esperienze vissute in tenera età abbiano influenzato – e in parte deviato – il mio cammino.

Il suo rapporto con la fede emerge fin dalla giovane età. Come si è evoluta la sua spiritualità nel tempo, soprattutto dopo le innumerevoli sfide incontrate?

La fede ha sempre avuto radici profonde nella mia vita; non ha mai vacillato, anzi, con il tempo non ha fatto che rafforzarsi. Nonostante le brutture che ho attraversato, io non l’ho mai smarrita. Giobbe disse: “Prima le mie orecchie avevano udito parlare di Dio, ma oggi i miei occhi l’hanno visto”. Anch’io, oggi, sento la fede come qualcosa di tangibile. Mi rivolgo a Dio in ogni momento della giornata. Anche nei periodi di maggiore scoramento, quando il dubbio cercava di farsi spazio dentro di me, mi bastava alzare lo sguardo al cielo per ritrovare quel legame con la forza suprema che governa ogni cosa. Grazie alle innumerevoli prove a cui sono stato sottoposto, ora riesco a non lasciarmi sopraffare dai dubbi, a fermarli prima che si annidino nella mia mente e nel mio cuore. Ed è lì che capisco che la fede che mi sostiene è così salda da riuscire a dissipare ogni incertezza.

Nel libro si parla di un “deserto” spirituale ed emotivo. Come lo ha superato e cosa ha imparato da quell’esperienza?

Quando si patisce la fame, la sete, il caldo e il freddo la percezione delle cose si altera. Le certezze crollano e si ha la sensazione di vivere in un deserto di solitudine, popolato solo da miraggi che deformano la realtà. Come scrivo nel libro: “Il deserto è una dimensione dell’anima, un passaggio obbligato per chiunque voglia incontrare Dio e conoscere veramente se stesso”. Ho attraversato quel deserto sorretto da una fede incrollabile, desideroso di incontrare Dio e di avvicinarmi alla parte di me più pura e autentica. Mi piace pensare al deserto come a un’università e a Dio come il sommo maestro che attraverso le sue prove ciforgia. Quell’esperienza mi ha insegnato che non bisogna mai arrendersi davanti alle avversità, a restare saldo nei miei valori, e a riconoscere che Dio è sempre al nostro fianco, anche quando tutto sembra perduto. Ogni prova è un’occasione per scoprire la forza che ci abita e per coltivare la pazienza, perché prima o poi, anche nel deserto più arido, arriva la manna dal cielo.

L’immagine del bambino alla finestra è una delle più potenti del libro. È stato il momento in cui ha finalmente abbracciato – e guarito – il suo passato. Che emozioni ha provato?

Il piccolo Tonino alla finestra è l’immagine più struggente della mia vita. Quando ho sentito di poter finalmente tendere la mano a quel bambino indifeso e cominciare a guarirlo, non ho fatto altro che piangere. Ma non è stata una guarigione istantanea o definitiva. E la cosa che più mi rammarica è che sento che una parte di lui resterà sempre lì, in attesa, come sospesa in quel passato che ancora chiede ascolto. Le emozioni che ho provato sono state forti e contrastanti: inizialmente solo rabbia per l’abbandono, poi tristezza per l’innocenza violata, e infine una profonda gioia nel riconoscere che ero pronto ad accoglierlo e a farmi carico di quel bambino che ero stato e che meritava di essere tratto in salvo. Quello è stato il primo vero passo verso la riconciliazione con me stesso.

La generosità è un tema centrale nel libro. Come ha scoperto il potere del dare?

Essendo cresciuto in un ambiente spirituale, la generosità è sempre stata parte integrante della mia vita. Col tempo ho compreso che nel dare si nasconde una gioia più intensa di quella che si prova nel ricevere. Vedere un sorriso affiorare sul volto di qualcuno grazie a un mio gesto è una delle mie più grandi fonti di appagamento. Certo, è bello ricevere ma è nel donare che il mio cuore si riempie davvero. Quando incontro qualcuno in difficoltà, anche se non dice nulla, sento dentro di me il bisogno di intervenire. So cosa significa trovarsi nel bisogno e, proprio per questo, sono sempre pronto a tendere la mano.

Un aspetto del libro che incuriosisce molto è quello del potere dell’immaginazione come strumento di cambiamento. Come l’ha scoperto e quale piccolo passo suggerisce per iniziare questo viaggio?

Il percorso di rinascita è lungo e spesso faticoso, ma non impossibile. Serve qualcuno o qualcosa che ti sproni ad andare avanti, che ti incoraggi a esplorare le tue zone d’ombra. Per me, quella guida è stata – oltre alla fede – la scoperta de Il potere del subconscio di Joseph Murphy. Quel libro mi ha aperto le porte di un universo nuovo: ho capito di avere dentro di me la forza necessaria per modellare la mia vita, per smettere di viverla da spettatore e iniziare, finalmente, a esserne il protagonista. Lì ho scoperto che potevo scegliere chi diventare e smettere di sentirmi una vittima, per iniziare a vedermi come un autore consapevole della mia esistenza. L’immaginazione è uno strumento potentissimo: ci permette di dare forma ai nostri desideri più reconditi e di trasformarli in realtà. Lo diceva già Michel de Montaigne nel 1500: “Una forte immaginazione genera l’evento”. Questo libro, ad esempio, ne è la prova tangibile. Attraverso la forza creativa dell’immaginazione, io mi sono raffigurato nella mente un ipotetico lettore che aveva tra le mani proprio questa storia! È un lavoro attivo e potente sul subconscio, che richiede fede, coraggio e perseveranza. A chi mi legge, suggerisco di avvicinarsi al libro con mente aperta, cuore ricettivo e soprattutto con assenza di giudizio verso se stessi perché solo così potrete trovare spunti capaci di accendere qualcosa dentro di voi e così inizierete anche voi a sperimentare il potere trasformativo di questa forza miracolosa.

Nel libro ricorre spesso anche un’altra parola chiave: “gratitudine”. Quanto ritiene sia importante coltivarla?

Solo un cuore colmo di gratitudine è davvero capace di gioire della vita. Anche nei momenti di maggiore sofferenza, anche lì, esistono motivi per cui essere grati. Sempre, e questo vale la pena di sottolinearlo a più riprese. Esprimere gratitudine significa accogliere e apprezzare l’esistenza in tutta la sua complessità e sorprendente bellezza. Più si pratica la gratitudine, più si è pronti a ricevere le sue benedizioni perché la gratitudine è un atto rivoluzionario capace di innescare una potente trasformazione interiore.

Cosa significa per lei “essere Tonino Pacifico” oggi, dopo tutto quello che ha vissuto?

Quel bambino che ha dovuto dimostrare forza prima ancora di capire cosa significasse, che ha indossato i panni di un adulto quando era ancora un infante, mi ha spinto a diventare la persona che sono oggi. Mi ha insegnato a non arrendermi, a dare sempre qualcosa in più.
Essere Tonino Pacifico, oggi, significa questo: sentire la responsabilità di esserci, sempre, per gli altri. Perché da quella fragilità è nata una forza che non voglio tenere solo per me.

Nel capitolo finale, offre una serie di consigli pratici per innescare un processo di fioritura personale. Ce n’è uno, in particolare, che considera più trasformativo degli altri?

Ognuno di quei consigli porta con sé un seme di trasformazione quindi non ce n’è uno più potente degli altri perché ciascuno ha un potere intrinseco che varia a seconda della persona, della circostanza e della situazione emotiva. Il mio suggerimento – e lo raccomando a chiunque inizia questo viaggio – è di sintonizzarsi sulle proprie emozioni e scegliere la pratica più adatta in quel preciso istante. Ciò che mi preme sottolineare, quasi come un monito, è che non bisogna temere i momenti di buio che inevitabilmente si incontreranno. Prima di ogni rinascita, infatti, è necessario attraversare un periodo doloroso. E più lunga è l’ombra, più grande sarà la luce che ci attende.

Ha già in mente altri progetti legati al libro?

È ancora presto per entrare nei dettagli, ma sì, ci sono diversi progetti che ho in mente. Sicuramente intendo scrivere un secondo libro, una sorta di Tonino 2.0, come mi piace chiamarlo; sarà un libro ancora più immersivo e interattivo. Molti lettori mi stanno scrivendo per raccontarmi di quanto il libro li stia aiutando e questo mi motiva a proseguire perché queste testimonianze mi confermano che questo Io sono Tonino non finisce con l’ultima pagina: c’è ancora tanto da dire, da condividere, da sperimentare. Ed io sono pronto a farlo, passo dopo passo, insieme a chi vorrà camminare con me.

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