domenica, 15 Dicembre, 2024
Attualità

Uovo senza sorpresa

Avevo scommesso, verso la metà di marzo, quali sarebbero stati i futuri passi del Governo.

Avevo previsto un paio di decreti che prorogavano il cosiddetto “lockdown” dapprima a fine marzo poi fino a Pasqua.

Con gli auguri di Pasqua, dicevo ancora, il governo – consapevole che non può ancora far reggere socialmente ed economicamente la situazione che il coronavirus ha imposto a tutta la nazione – dirà che si deve ora procedere alla riapertura, alla ripresa lenta della normalità. Ma non avrebbe dato il via libera: anzi con la scusa di cadenzare in qualche modo le riaperture ci avrebbe tenuti ancora in casa fino al primo lunedì di maggio proprio per evitare il pericolo dei due ponti delle festività laiche del 25 aprile e del primo maggio.

Con facilità ho vinto il cono gelato, che mi dovrà essere pagato da un mio amico che molto ottimisticamente puntava invece su una riapertura al più tardi a fine marzo e che gusterò soltanto quando potremo mangiarlo insieme, seduti gomito a gomito in un bar.

Non avevo mai scommesso prima; e meno male che non ho scommesso dopo.

Perché, infatti, su altri aspetti e conseguenze del coronavirus, nei confronti dei quali ero io a pormi con maggiore ottimismo, avrei perso.

Mi ero fatto pienamente coinvolgere, lo confesso, da quel messaggio conformista e qualunquista propinato a ogni ora dai media, TV in testa: l’epidemia ci renderà tutti migliori e renderà migliore il mondo.

Mi dicevo, quindi: stiamo a casa e vedrai a Pasqua quante e che belle sorprese usciranno dall’uovo.

A Pasqua siamo arrivati e nessuna delle sorprese che mi aspettavo si è realizzata.

Lo Stato, pur in quest’emergenza, continua a considerare i cittadini suoi sudditi. Continua a prenderli in giro con leggi contorte che dicono tutto e il contrario di tutto. Quasi una conferma, che avrei evitato volentieri, dell’articolo con cui si inaugurava questa rubrica “Il cittadino”, dove annotavo che in Italia “tutto è vietato, tutto è tollerato” (3 novembre 2019).

Così sono servite, finora, centinaia di norme e forse già più di qualche migliaio di pagine scritte messe una dopo l’altra, per regolare questi tre mesi di vita sacrificata che Covid-19 ci ha imposto, dicendo tutto e il contrario di tutto.

Per tacere della presa in giro economica, dove con grande enfasi si mettono in gioco centinaia di miliardi di Euro che però non andranno, se non marginalmente, all’economia reale del Paese.

L’avere subordinato tutto, con delega di valutazione alle banche, alla sussistenza del “merito creditizio” mette fuori gioco la maggior parte delle imprese nostrane che, vessate dalla cessazione completa dell’attività, potranno avere solo inutili elemosine.

Riusciranno ad ottenere finanziamenti reali solamente gruppi già floridi, probabilmente addirittura con sedi fiscali estere, che ce l’avrebbero comunque fatta da soli.

Non sarà neppure una sorpresa – e qui sono pronto ad azzardare una nuova scommessa – quando il Governo che verrà, addosserà la responsabilità per le nuove feroci tasse che  sarà “costretto” ad imporre ai cittadini, alla responsabilità del Governo Conte 2, che sarà inevitabilmente accusato di avere concesso più aiuti di ciò che sarebbe stato necessario ed a soggetti e settori imprenditoriali sbagliati, e di avere speso molto più di quanto ci saremmo potuti permettere come italiani.

Diranno questo anche se, per avventura, il Governo che verrà, sarà rettò da chi oggi rappresenta l’opposizione.

Perché, non ci sono dubbi: qualsiasi sia il Governo, quanto verrà ora speso lo pagheremo noi cittadini, con nuove feroci imposte, che affosseranno ancora di più l’economia. E per di più a fronte non di aiuti vitali, ma, elemosine a parte, di soccorsi erogati a chi già ce l’avrebbe fatta da solo.

Neppure questo sarà una sorpresa, ma è nell’ordine delle cose della nostra meravigliosa Patria, che non è cambiata e non cambierà neppure con tre o quattro mesi di coronavirus.

E che non ci fa trovare dentro l’uovo sorprese che ci rallegrano, ma i soliti amari versi di più di un secolo fa, cantati da Trilussa: «ce faranno un ber discorso/su la pace e sur lavoro/pe’ quer popolo cojone/risparmiato dar cannone».

Buona Pasqua a tutti.

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