sabato, 23 Novembre, 2024
Esteri

Biden: i paesi arabi pronti a riconoscere Israele. Netanyahu torna a trattare

Gallant annuncia escalation contro Hezbollah: “colpiremo ovunque sono”

Arabia Saudita e altri Paesi arabi sono “pronti a riconoscere pienamente Israele per la prima volta”. Un annuncio eclatante fatto dal Presidente americano Biden durante un incontro di campagna elettorale, ma poi ha aggiunto “a certe condizioni.” Il Presidente non è entrato nei dettagli. Mentre il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha accettato di acconsentire al ritorno dei delegati israeliani a Doha e al Cairo per le trattative, ma il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha detto che l’azione di Israele “sta diventano più offensiva che difensiva e arriveremo ovunque Hezbollah si trovino.” Francia e Giappone hanno deciso di tornare a finanziare l’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu di cui dei dipendenti sono accusati di essere coinvolti nell’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre scorso.

Biden: troppe vittime innocenti

Il Presidente Biden ha parlato espressamente dimassacro in corso: “ci sono troppe vittime innocenti, israeliane e palestinesi. Dobbiamo fornire più cibo, medicine e rifornimenti per i palestinesi.” “Non possiamo dimenticare”, ha aggiunto, “che è in gioco l’esistenza stessa di Israele. Gli israeliani sono stati massacrati. Immaginate se ciò accadesse negli Stati Uniti. È comprensibile che Israele abbia una rabbia così profonda. Ma dobbiamo fermare lo sforzo bellico che causa una significativa morte di civili innocenti”. Quanto al riconoscimento pieno di Israele ha aggiunto: “non entrerò nei dettagli, ma ho lavorato con i sauditi e con tutti gli altri Paesi arabi, inclusi Egitto, Giordania e Qatar. Sono pronti a riconoscere pienamente Israele per prima volta, ma dev’esserci un piano post-Gaza, e deve esserci una soluzione a due Stati. Questo non c’è oggi, ma dev’esserci un progresso, penso che possiamo farlo.”

Guerra contro Hezbollah

In questi giorni Israele ha annunciato che “estenderà la sua offensiva al nord e aumenterà gli attacchi” contro gli Hezbollah. Lo ha sottolineato il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant. L’azione di Israele, ha aggiunto“sta diventano più offensiva che difensiva e arriveremo ovunque Hezbollah si trovino. Beirut, Baalbek, Tiro, Sidone e per tutta la lunghezza del confine: e in posti più lontani, come Damasco.” L’esercito israeliano prosegue per il nono giorno consecutivo le operazioni negli edifici dell’ospedale Shifa di Gaza, dove afferma di aver già eliminato circa 200 membri di Hamas e della Jihad islamica, fra cui anche esponenti di spicco. Ieri l’esercitoha colpito vicino Aleppo in Siria e ucciso 42 persone, tra cui sei membri di Hezbollah. Nel raid è stato ucciso anche Ali Abed Akhsan Naim, vicecomandante dell’unità che si occupa del lancio di razzi contro Israele. I raid in Siria hanno provocato la reazione dell’Iran. In un punto stampa, il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanani, ha definito gli attacchi “violazioni del diritto internazionale e della sovranità siriana” e ha parlato di raid che “minacciano la pace globale.”

Riaprono le trattative

Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha accettato di acconsentire al ritorno dei delegati israeliani a Doha e al Cairo per le trattative in corso per una tregua a Gaza. Le trattative si svolgono anche al Cairo. Netanyahu ha parlato con il capo del Mossad David Barnea e con il capo dello Shin Bet Ronen Bar per dire loro che avranno “spazio per operare” su entrambi i tavoli. Intanto il Ministero degli Esteri francese stanzia 30 milioni di euro a favore dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), ma non dice quando verranno versati. L’agenzia delle Nazioni Unite è entrata in crisi dopo che Israele ha accusato una dozzina dei dipendenti dell’Agenzia di essere coinvolti nell’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre. Anche il Giappone ha deciso di tornare a finanziare l’Agenzia. La decisione di Tokyo avviene dopo che la Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha disposto che Israele consenta il passaggio più consistente di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, avvertendo che nel territorio colpito dalle bombe israeliana da ormai quasi 6 mesi “la carestia non è più un rischio, ma è una realtà”.

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