Il nostro Paese si conferma, anche per il 2022, terzo produttore di soluzioni abitative in legno in Europa, dopo Germania e Svezia e davanti all’Austria. A conferma della dinamicità di un settore che ha raggiunto i 2,3 miliardi di euro di fatturato (+15,8% sul 2021). Un risultato figlio della produzione residenziale in legno per un totale di 866 milioni di euro e un incremento del +12,7% rispetto al 2021, che corrisponde a un quinto di quella tedesca (4.4 miliardi di euro) e al 7,2% di quella dei 27 Paesi Ue, pari a 12 miliardi complessivi. Ai risultati dell’edilizia residenziale, va aggiunta la produzione non residenziale in legno, 633 milioni di euro con un +12,2% rispetto al 2021, e l’edilizia tradizionale, 767 milioni di euro con un +22,9% sul 2021. A evidenziarlo sono i dati dell’8° “Rapporto Edilizia in Legno”, realizzato dal centro studi di FederlegnoArredo per fotografare lo stato di salute della filiera delle costruzioni in legno che, con il passare degli anni e un’attenzione sempre maggiore riservata al tema della sostenibilità e dello stoccaggio di Co2, ha saputo ritagliarsi uno spazio ben definito all’interno del mondo delle costruzioni.
Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige
Altro dato che emerge dal Rapporto è la geografia delle imprese che si occupano di bioedilizia con la maggior concentrazione di operatori in Lombardia dove operano 73 aziende, Trentino-Alto Adige e Veneto che, nel loro complesso, rappresentano il 50% del totale. È però il Trentino-Alto Adige a guadagnarsi la prima posizione fra le regioni che esprimono le imprese più grandi e più altamente specializzate del settore. Non a caso è proprio in Trentino-Alto Adige che viene realizzato il 19% della produzione complessiva, seguita dalla Lombardia al 16%, mentre Piemonte e Veneto si attestano rispettivamente al 6 e al 5 per cento. Analizzando le dimensioni delle aziende del settore, l’8° rapporto di FederlegnoArredo ci lascia una fotografia secondo cui le prime 10 aziende rappresentano quasi il 31% del mercato e il 68% ha un fatturato complessivo inferiore ai 5 milioni di euro e solo il 7% ha avuto un giro d’affari superiore ai 50 milioni di euro, ma rappresenta il 46% del mercato a dimostrazione di un settore ancora molto concentrato nelle mani di pochi.