Lo sfruttamento dei braccianti è un fenomeno storicamente consolidato che riguarda ogni anno un numero sempre maggiore di uomini e donne, costretti a lavorare duramente e ad essere sottopagati. Nel 2021 sono stati circa 230mila i lavoratori irregolari nei campi, vittime di caporali e imprenditori senza scrupoli. La schiera di lavoratori sfruttati immigrati e italiani, è pari ad un quarto dell’intera forza lavoro in agricoltura.
Sfruttamento del lavoro
Il fenomeno del caporalato e le infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare muovono in Italia un’economia illegale – e sommersa- di oltre 5 miliardi di euro, basata principalmente sulla condizione di clandestinità dei migranti. Un mondo di nuovi schiavi fortemente radicato in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio, con tassi di oltre il 40%, ma ben presente anche nel Centro-Nord con percentuali tra il 20 e il 30 per cento, con picchi di presenza in Lombardia.
Agricoltura nel mirino
Secondo l’Istituto di statistica nazionale la percentuale di lavoro agricolo irregolare che si perpetra in queste regioni è più del doppio rispetto agli altri settori dell’economia italiana: il 24,4% contro il 12% totale. Se i lavoratori agricoli irregolari sono in prevalenza migranti stranieri, tra le vittime del caporalato crescono anche i cittadini italiani e i minorenni. C’è però da considerare che nella contabilità statistica non è preso in considerazione il numero di lavoratori sprovvisti di tutele contrattuali, nonché il numero di quei lavoratori formalmente assunti, ma di cui il datore di lavoro denuncia all’Inps una quantità di giornate lavorate inferiore a quelle realmente svolte.
Ricatti e paghe da fame
Secondo l’Osservatorio Placido Rizzotto, in Italia il caporalato si distingue per alcune peculiarità quali, ad esempio, l’abuso dello stato di vulnerabilità o di bisogno del lavoratore stesso da parte di chi sfrutta. Per questo motivo , in assenza di permessi di soggiorno, i cittadini extracomunitari sono spesso costretti a lavorare in pessime condizioni. Altro tratto distintivo del caporalato italiano, è il monopolio del sistema di trasporto che costringe i lavoratori a dover pagare una somma di denaro per il loro spostamento da e verso i luoghi di lavoro: vengono sottratte dalle paghe dei lavoratori somme di denaro per il trasporto, ritrovandosi a fine giornata con misere retribuzioni, equivalenti a 1 euro l’ora.
Donne e minori tra le vittime
Se i lavoratori agricoli irregolari sono in prevalenza migranti stranieri, il IV Rapporto del Laboratorio sullo sfruttamento lavorativo riporta che tra le vittime del caporalato crescono anche i cittadini italiani e i minorenni. Sono infatti 58 i procedimenti giudiziari in corso in cui è coinvolta manodopera italiana. Non solo: tra le vittime del caporalato crescono anche i cittadini italiani e i minorenni e le donne: oltre 55 mila le braccianti agricole, sia italiane che straniere, piegate allo sfruttamento lavorativo e a retribuzioni da fame(le braccianti in nero guadagnano 25-28 euro al giorno contro i 40 degli uomini), inoltre le dichiarazioni dei caporali, che indicano un numero inferiore di giornate rispetto a quelle lavorate, impediscono loro l’accesso alle indennità di infortunio, malattia e disoccupazione oltre che alla maternità. Alla dura sopravvivenza, in lotta costante con impietosi caporali, si aggiungono maggiori rischi di esposizione a violenza e molestie. Le ragioni del fenomeno vanno ricercate nel sistema patriarcale che ancora caratterizza la nostra realtà, lavorativa e familiare.