sabato, 23 Novembre, 2024
Politica

Zingaretti, Di Maio, Conte: tridente loro malgrado

Le partite che giocano Zingaretti, Di Maio e Conte sono diverse ma convergono nel risultato di tenere unita una maggioranza senza alternative se non quella delle elezioni anticipate che, se si svolgessero a breve, avrebbero l’esito scontato di consegnare alla destra il governo dell’Italia.

Il voltafaccia della Lega, che dopo aver approvato il taglio dei parlamentari, in extremis, ha fatto scattare il quorum delle firme necessarie per il referendum confermativo obbliga i tre personaggi a evitare la caduta del Governo per non assecondare la tattica di Salvini e per approvare rapidamente una nuova legge elettorale senza quota maggioritaria.

Zingaretti annuncia la svolta del Pd, che forse non si chiamerà più così: e sarebbe probabilmente un bene, anche per indicare che si chiude un’epoca e se ne apre un ‘altra dopo i troppi shock interni e le due scissioni, che hanno fiaccato il vecchio Pd. Il segretario vuole un nuovo partito che apra le porte alla società civile, agli ecologisti, alle sardine, ai sindaci civici guardando oltre i confini tradizionali della sinistra. Progetto ambizioso e volto ad offrire una casa comune a chi è deluso da altre forze, come i 5 Stelle, e a quanti hanno abbandonato la politica e le urne. Per recuperare i delusi dal disorientamento del Pd e per dare una nuova spinta propulsiva al riformismo democratico Zingaretti ha bisogno di tempo. Fra qualche giorno riunirà i vertici del Pd nell’Abbazia di Contignano per scrivere un programma in vista della verifica di governo, poi in primavera il Congresso e l’avvio di una fase nuova. In questo contesto, Zingaretti non può indebolire Conte e ha bisogno di tempo prima che la nuova formazione politica possa affrontare le elezioni.

Di Maio si prepara alla battaglia più difficile della sua folgorante storia politica. Il dissenso interno è ormai senza controllo, la sua leadership ha dimostrato di non funzionare più, le sirene di Salvini rischiano di attrarre parlamentari certi della non rielezione nei 5Stelle. Se Di Maio facesse una ritirata strategica e lasciasse la guida del Movimento ad altri rischierebbe di perdere tutto: un eventuale ribaltone ai vertici dei 5Stelle potrebbe far vincere l’ala filo-Salvini e far cadere il governo assecondando così i piani della Lega. Ma Di Maio ha i margini per pilotare un cambiamento di gestione del Movimento, trasformandolo in un partito strutturato e blindandosi con una segreteria e una direzione in cui la discussione interna non sia un peccato. In questo modo e con l’assistenza carismatica di Grillo, Di Maio potrebbe gestire così il dissenso e riprendere le redini dei 5 Stelle.

Se Di Maio, nonostante i contrasti, puntasse ad indebolire Conte, sconfesserebbe sé stesso e in poco tempo non sarebbe più né capo politico né ministro deli Esteri.

Conte, avendo annunciato che non lascerà la politica deve costruirsi un futuro e per fare questo ha bisogno di dimostrare di saper guidare la coalizione e produrre efficaci decisioni di governo.

Il Presidente del Consiglio si gioca tutto sulla prossima verifica dalla quale deve uscire con un programma ambizioso. Ma a Conte spetta anche il compito di saper tenere unita la maggioranza, dimostrando grande capacità di smussare gli angoli e di evitare strappi. Nel discorso di Agosto al Senato si è proposto come l’anti-Salvini, deve quindi evitare di fare passi falsi che consegnerebbero l’Italia proprio al suo avversario preferito.

In questo gioco obbligato a rafforzare il Governo è coinvolto, suo malgrado, anche Renzi che ha bisogno di tempo per consolidare la sua creatura e di norme elettorali che evitino la morte prematura del neonato partito.

E torniamo ai referendum sul taglio dei parlamentari e sull’abolizione della quota proporzionale cui Salvini affida le proprie speranze: chi troppo vuole in politica non prende nulla. La lezione della crisi di Agosto avrebbe dovuto insegnarglielo. Ma il leader leghista è convinto di essere un tattico imbattibile e di poter effettuare blitzkrieg  fulminanti. Finora non ha funzionato. Difficile che i leader della maggioranza e Conte vogliano dargli una mano. Più probabile che costituiscano invece un tridente, forzato, per vincere la partita.

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