“Sono stata in contatto, in questi giorni, con uomini e donne afghani, per professione impegnati nel mondo della giustizia, e che per anni hanno lavorato con l’Italia per costruire uno stato di diritto nel loro Paese». Lo dice, in un colloquio con Repubblica, la ministra della Giustizia Marta Cartabia.
“Dalle loro parole – aggiunge – emerge anzitutto l’angoscia per il destino di quanti si sono esposti in prima persona e per i loro familiari. Ma il loro pensiero è anche per il destino del loro Paese.
Grande trepidazione mi è stata trasmessa per il timore che il lavoro di questi anni – di costruzione di uno stato di diritto, quel seme di cui tanti si sono presi cura e che hanno visto crescere lentamente e faticosamente – sia cancellato così, con un colpo di spugna».
Cartabia si dice “vicina alle magistrate che in ogni momento stanno rischiando di pagare con la vita il coraggio di essersi spese per la difesa delle libertà fondamentali e di essersi battute contro ogni forma di violenza. Raccolgo in pieno l’appello dell’Associazione delle donne magistrate che sollecita interventi tempestivi della comunità internazionale». La ministra racconta che «in questi giorni convulsi, insieme al Pg della Cassazione Giovanni Salvi, e con il contributo di tanti magistrati e avvocati che hanno mostrato grande sensibilità verso i colleghi afghani, al ministero stiamo raccogliendo nominativi e riferimenti di magistrati e avvocati, che in questi anni sono stati in Italia o con cui si è creata una rete di rapporti, passata anche attraverso varie iniziative del Csm».