Abbiamo atteso invano che gli indignati di professione, che in genere coltivano tale sentimento nel pulviscolo della sinistra più radicale, si indignassero per la sorte, presunta ma realistica, della povera Saman, la ragazza di origine pachistana, ma cittadina italiana, sacrificata alla ferocia di una norma dell’estremismo islamico che affida all’arbitrio dei genitori, soprattutto del padre, la scelta del possibile marito.
Purtroppo, Saman è soltanto emblematica di un vasto arcipelago, in Italia e in Europa, di ragazze prigioniere, contro la loro volontà e le loro aspirazioni, di una condizione di rassegnazione e di sottomissioni alle convinzioni pseudo religiose di famiglie, integrate sì nel nostro sistema produttivo, ma refrattarie, direi impermeabili, ai valori e alle norme delle democrazie, come alla storia e alle tradizioni costitutive delle comunità che hanno dato loro accoglienza.
Non si può ancora alla lunga tollerare che sul suolo della Repubblica si installino e operino gruppi tribali che continuano a governarsi secondo tradizioni oscurantiste e regole oppressive e intimidatorie alternative al nostro sistema di vita e soprattutto convinte a considerare un delitto di eresia il principio della sacralità e libertà della persona.
Prima di legiferare, come chiede certa sinistra, su una concessione generalizzata della cittadinanza sarà per ciò necessario chiarire che i nuovi italiani non solo devono conoscere la nostra lingua ma possano godere dei diritti e delle libertà garantite dalle leggi essendo nel contempo osservanti dei doveri di obbedire ad esse e ai principi della nostra Costituzione.
Nessuno discute sulla facoltà di osservare le proprie convinzioni religiose purché queste non si pongano in contrasto con la salvaguardia della dignità inviolabile e della libertà di ogni persona: un principio, questo, che non può essere mediato o contaminato da impossibili cedimenti a regole di un implacabile assolutismo.
Un’altra considerazione riguarda l’importanza di un accurata selezione fra quanti cercano ospitalità nel nostro Paese.
È un’esigenza minima a considerare come proprio qualche giorno fa la Vice Presidente degli Stati Uniti, essa stessa figlia di immigrati, abbia ribadito in Guatemala la determinazione del suo Governo a respingere le ondate di disperati che si accalcano alle sue frontiere.