venerdì, 29 Marzo, 2024
Politica

Il gatto e la volpe

Non sono sufficienti i “tormentoni” musicali ad accrescere la calura di questa torbida estate agostana. Quest’anno vanno di moda anche i “tormentoni” politici con protagonisti due caratteristi degni della migliore Hollywood. Meglio di Walter Matthau e Jack Lemmon, più esilaranti di Jack Klugman e Tony Randall, più intriganti di Matthew Perry e Thomas Lennon.

Neil Simon li avrebbe già scritturati come attori protagonisti della sua famosissima commedia “La Strana Coppia”. Parliamo di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i Felix e Oscar della politica italiana, diversi in tutto e per tutto, obbligati a dividere un appartamento, scontrandosi con i problemi di convivenza quotidiana.

Luigi “Felix”, di Pomigliano d’Arco, dà il meglio di sé quando interpreta un personaggio da lui stesso inventato, finendo per sostituire la finzione alla realtà, in una autocelebrazione noncurante del celebre “tormentone” anni ’50 che recitava “Pippo Pippo non lo sa, che quando passa ride tutta la città”. Ed in questo scenario, Felix travisa il “Pinocchio” di Collodi, cercando di schiacciare il Grillo Parlante finendo per bruciarsi le gambe di legno.

Quanto a Matteo “Oscar”, di Milano, beh, lui non ha bisogno di inventare. Interpreta se stesso, attingendo dall’arte dell’espressione popolare, e, anzi, rimarcando una forma di anticonformismo che trasuda di politicamente scorretto. La persuasione è il suo forte. Talmente forte da promettere una “Flat Tax” per la crescita grazie alla quale a crescere sarà solo il debito italiano.  L’azione della coppia si basa prevalentemente sulla genialità di Matteo “Oscar” e sulle conseguenti sventure di Luigi “Felix”.

Ma come in ogni buona coppia, per riuscire nell’impresa, c’è bisogno di talentuosi caratteristi capaci di flagellarsi nel ruolo di spalla, in un sacrificio esiziale per la propria dignità. Di volta in volta si alternano la Castelli, la Grillo, Toninelli, Tria che esaltano l’azione attingendo dal repertorio classico delle “torte in faccia” tipico del cinema muto. Ma come in tutte le commedie, cala il sipario e lo spettacolo giunge al termine. Dopo mesi di tutto esaurito, gli attori cominciano a mostrare segni di fatica. Le sale lentamente si svuotano. Il botteghino comincia a soffrire. È giunto il momento di spegnere i riflettori.

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