martedì, 23 Aprile, 2024
Politica

21 settembre 2020, visto il 69,64% dei “Si” ed il 30,36 dei “No” in nome del popolo sovrano P.Q.M. si tagliano 345 poltrone

Sarà una data che passerà alla storia questa del 21 settembre 2020, conclusione della election day, in cui il popolo italiano è stato chiamato a decidere – oltre alle elezioni in 7 Regioni, in due Collegi senatoriali ed in 1.177 Comuni – con un segno di croce sul  “SI” o  sul “NO” della scheda elettorale per il referendum confermativo al taglio del numero dei parlamentari, di cui al quesito referendario sugli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione, volgarmente conosciuto nel linguaggio comune come il “taglio ai costi della casta”.

Gli artefici sono stati i famosi 71 Senatori della Repubblica che, proditoriamente, ovvero imprudentemente, hanno trascinato il popolo sovrano alle urne, per farlo decidere sulle umane  debolezze al loro interno e non secondo le razionali e molto meno costose formalità, così come l’articolo 138 della Costituzione indica e cioè che “Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”

È da domandarsi se questa iniziativa referendaria sia da elogiare o da biasimare; ma questi giudizi, però, non sono semplici perché il popolo degli elettori non è in possesso di tutte quelle notizie, di quegli elementi e dei necessari  supporti per decidere con obiettività. Si, è vero, che, in particolare, il popolo sovrano di cui all’articolo 1 è quello di cui all’articolo 48, che esercita tale sovranità col diritto di voto, delegando, in tal senso, i propri rappresentanti, scelti in base alla legge elettorale del momento, per la durata indicata nell’articolo 60 e cioè che “La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni.”

Ma gli elettori non hanno la completa visione della pianta organica e delle relative strutture di supporto necessarie per lo svolgimento delle funzioni demandate al Parlamento, elencate negli articoli dal 55 all’82 della Costituzione, parte seconda – Ordinamento della Repubblica – Titolo I -, perché, come recita l’articolo 67 “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.”  Il popolo sovrano è a conoscenza, solamente, che i parlamentari attuali sono 945 più i sei senatori a vita, mentre tutte le attività normative  sono consacrate negli strumenti legislativi, con la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; gli altri atti ed eventi, non meno importanti, sono affidati alla buona  volontà delle varie  fonti di informazione.

Il Parlamento ha un apparato organizzativo tra Camera e Senato, inimmaginabile dai “non addetti ai lavori”, per far funzionare tutta la complessa macchina dello Stato, tra cui predomina la Pubblica Amministrazione, con tutti suoi diritti, doveri e criteri organizzativi che sono stabiliti proprio dal Parlamento. Infatti l’articolo 97 dispone che “I pubblici ufficiali sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.”

Il successivo articolo 98 dispone che “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.” Si può affermare che sono profili organizzativi e di responsabilità paralleli a quelli del Parlamentare che rappresenta la Nazione e che ha il potere/dovere di assumere qualsiasi iniziativa  finalizzata a migliorare il proprio compito, eliminando tutto ciò che è superfluo, come è stato motivato per la riduzione  del numero dei parlamentari di 345 unità ed i conseguenti costi, così per   meglio organizzare i tempi ed i modi per …”esercitare le sue funzioni…”.

Ma occorreva davvero scomodare il popolo sovrano per effettuare la riduzione del numero dei Parlamentari o era sufficiente che dopo l’ultima deliberazione della Camera in data 8 ottobre 2019 ed esattamente, dalla pubblicazione della legge del 12 ottobre 2019, nei tre mesi successivi non ci  fosse stata alcuna iniziativa referendaria, come sopra detto?

Con semplice legge ordinaria, in qualsiasi momento lo voglia, in due deliberazioni, il Parlamento può ridurre i tanto discussi emolumenti e privilegi di cui all’articolo 69, il quale dispone che “I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge”.

È più che doveroso domandarsi perché i 71 Senatori hanno attivato la procedura referendaria e, nel contempo, anche per motivi di trasparenza, sarà pure fondamentale sapere a quanto ammontano i costi di questo referendum a carico, comunque, della collettività. È difficile quantificarlo, per cui non lo sapremo mai.

È simpatico citare che il 21 settembre, nel nostro calendario, la Chiesa festeggia San Matteo (apostolo) Patrono di Salerno, dei banchieri, dei contabili, dei doganieri, degli esattori, dei ragionieri e della Guardia di Finanza, nota come Fiamme Gialle, o semplicemente 117.

Ma quello che più fa riflettere ed anche amareggiare e non solo i fautori del “NO” è lo spreco di energie e dell’inestimabile ammontare di denaro pubblico, per la gestione di un referendum popolare evitabile col semplice buonsenso. Peccato che la  vittoria  del “SI” ha colorazione simile a quella di Pirro.

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