venerdì, 19 Aprile, 2024
Società

L’Italia del Covid come Berlino Est. Incontro con lo scrittore Federico Cenci

Si intitola Berlino Est 2.0- Appunti fra distopia e realtà l’ultimo libro del giornalista e scrittore Federico Cenci collaboratore del mensile Cultura Identità, che evidenzia clamorose anomalie fra la situazione dell’Italia durante il periodo del lockdown provocato dall’emergenza coronavirus e la vita a Berlino Est durante gli anni del regime comunista. E si scopre che come allora si sono riviste scene da regime totalitario. Lo Speciale lo ha intervistato.

Come è nata l’idea di questo libro?

“Prima di avere l’idea del libro, ho voluto mettere nero su bianco le sensazioni provate dopo essere uscito il primo giorno di lockdown nelle strade di Roma. Complice il cielo grigio, mi sono immedesimato nella vita quotidiana, sotto la DDR, a Berlino Est. Gente spaesata, impaurita, diffidente, saracinesche dei negozi tirate giù, lunghe file fuori dai supermercati, fitti controlli delle forze dell’ordine con posti di blocco ovunque. Man mano che passavano i giorni, la condizione surreale mi ha offerto altri spunti di scrittura, dai quali si è sviluppato il libro”.

L’accostamento con la DDR è più distopia o realtà?
“La sospensione di alcuni diritti costituzionali durante il lockdown ci ha consegnati a una realtà molto simile a quella di un regime autoritario. Ma più che le analogie politiche, mi hanno colpito le similitudini sociali dell’Italia al tempo del coronavirus con la Germania dell’Est. Mi ha colpito l’improvvisa inflazione di delatori, di spie, di gente con l’occhio attaccato al buco della serratura per intercettare l’innocua trasgressione del vicino. Ed è un oggetto di studio sociologico molto interessante che, spesso, gli stessi adoratori del feticcio consumistico e libertario si siano trasformati in sentinelle di una sorta di stato di polizia”.

Come spiega questa trasformazione?
“La attribuisco al potere di condizionamento dei media. La smania consumistica e le cosiddette battaglie per i diritti civili sono il prodotto di campagne pubblicitarie e mediatiche. Allo stesso modo, la paura che ha reso le persone malleabili e accusatrici durante il lockdown non è altro che la conseguenza di una campagna di terrore che ha attraversato tutti gli organi d’informazione. Pertanto, chi è più docile all’influenza dei media, è più esposto a fluttuazioni ideologiche. Non deve stupire, dunque, che chi ieri brandiva la bandiera dell’emancipazione individuale, durante il lockdown agitasse il cappio per i runner”.

Questa situazione in che modo ci ha cambiati?
“È presto per fare analisi compiute, non ne siamo ancora usciti. Fin quando continuerà ad aleggiare lo spettro della ‘seconda ondata’ del virus, e fin quando resteranno limitazioni come l’obbligo della mascherina nei luoghi chiusi o affollati, con gente che le indossa persino da sola all’aria aperta, la normalità resterà una chimera”.

Nella sua Berlino Est 2.0 opera una “Unità di contrasto alle opinioni non allineate”, ovvero uno strumento di censura del regime. Il rischio per la libertà d’espressione è reale?
“Tra le tante task-force di esperti istituite dal governo durante il lockdown, ce n’è una preposta a neutralizzare false notizie sul virus. Essa non ha poteri sanzionatori, eppure il fatto che non sia stata incardinata in Parlamento alimenta il sospetto che si vogliano emarginare pensieri non omologati alla narrazione sul coronavirus. È di questi giorni, poi, il dibattito sul ddl Zan contro l’omofobia. Bisognerà difendere davanti a un giudice l’opinione che un bambino abbia diritto a una mamma e a un papà? Il dubbio resta, così come il presagio distopico”.

(Lo_Speciale)

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