martedì, 7 Maggio, 2024
Esteri

800 diplomatici Usa e Ue accusano: Israele viola il diritto internazionale

Per gli ostaggi israeliani è ancora tutto drammaticamente sospeso. I nodi non sono stati sciolti, mediazioni e trattative restano in bilico tra rottura e possibilità di una impossibile svolta. Le richieste di Hamas sono per Tel Aviv una provocazione, come l’ipotesi di liberazione di Marwan Barghouti, esponente di Fatah, arrestato nel 2002 e condannato a cinque ergastoli da Israele per tre attacchi costati la vita a cinque israeliani. Il nulla di fatto della trattativa ha innescato una nuova protesta dei famigliari dei sequestrati. La polizia di Cesarea (fra Tel Aviv e Haifa) ha rafforzato le misure di sicurezza attorno alla residenza privata di Benyamin Netanyahu in vista della nuova manifestazione indetta dalle famiglie degli oltre 130 ostaggi prigionieri a Gaza. “Da 120 giorni gli ostaggi sono tenuti sotto terra, senza aria. La loro vita è in pericolo”, affermano i familiari che esigono che il governo israeliano raggiunga subito un accordo con Hamas, “prima che sia troppo tardi”. Una nuova manifestazione sarà tenuta anche a Tel Aviv, nella cosiddetta “piazza degli ostaggi” nei pressi del ministero della difesa.

No al cessate il fuoco

Nulla di fatto anche per un possibile – ma mai evocato da Israele – di un cessate il fuoco. La richiesta arriva dai capi di Hamas che insistono nel chiedere un cessate il fuoco permanente e non delle semplici pause nei combattimenti, come invece proposto dai mediatori del Qatar e dell’Egitto. Sull’altro fronte, il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha detto che “non cesseremo il fuoco fino a quando non si sia raggiunta una situazione che ci consenta di riportare gli abitanti del nord alle loro case in piena sicurezza”.

La lettera degli 800 diplomatici

In questo scenario a sorpresa è stato diffuso un documento firmato da oltre 800 tra diplomatici e funzionari americani ed europei (anche italiani) che hanno sottoscritto una lettera “Transatlantico” in cui si accusa Israele di “gravi violazioni del diritto internazionale” nell’ambito della risposta militare contro la Striscia di Gaza all’attacco di Hamas del 7 ottobre e chiedono ai rispettivi governi una reazione più decisa. I firmatari hanno scelto l’anonimato per evitare ripercussioni.

Moschee con depositi armi

Israele nel contempo accumula nuove prove su Hamas e la jihad islamica che a Gaza hanno ripetutamente usato le moschee per “fini terroristici e per promuovere e condurre azioni militari”. La notizia arriva dal portavoce militare israeliano secondo cui Hamas e la Jihad “hanno ospitato magazzini di armi, ingressi di tunnel e punti di raccolta operativi in decine di moschee nella Striscia”. “Documenti raccolti di recente a Khan Yunis (sud di Gaza) hanno rivelato l’influenza di Hamas sulla leadership religiosa dell’enclave palestinese e dimostrato la vastità della sua infiltrazione nelle posizioni di guida religiosa con l’intento di promuovere discorsi di odio, istigare alla violenza e incoraggiare i civili ad unirsi ai gruppi terroristici”. “Hamas e la Jihad – ha proseguito l’esercito allegando i documenti trovati a Khan Yunis – non hanno risparmiato sforzi nello sfruttare le istituzioni religiose a fini terroristici mettendo a rischio la popolazione civile” trasformando i fedeli “in scudi umani”.

A Gaza 50 mila donne incinte

Medici Senza Frontiere (MSF) è profondamente preoccupata per la crescente mancanza di assistenza ostetrica per le donne a Gaza. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono circa 50 mila le donne incinte a Gaza, e circa 20 mila bambini sono nati dall’inizio della guerra, secondo l’Unicef. A causa della crisi umanitaria in corso – con i servizi sanitari primari inaccessibili e l’impossibilità di raggiungere gli ospedali per mancanza di carburante oltre che la scarsa capacità delle strutture sanitarie ancora funzionanti – le donne in gravidanza a Gaza non hanno avuto accesso ai controlli medici per mesi. Molte sono costrette a partorire in tende di plastica o in edifici pubblici. Chi riesce a partorire in un ospedale, spesso ritorna nel proprio rifugio di fortuna qualche ora dopo aver fatto un parto cesareo.

I bambini rimasti soli

Almeno 17 mila bambini sono “non accompagnati o separati” dalle loro famiglie nella striscia di Gaza, dove la popolazione è concentrata a Rafah, nel sud, diventata una vera “fabbrica di disperazione”. Lo afferma l’Onu. “Almeno 17.000 bambini. Questo equivale a circa 1% del totale della popolazione sfollata (1,7 milioni di persone)”, ha detto il portavoce dell’Unicef per i territori palestinesi, Jonathan Crickx che ha spiegato: è “estremamente difficile” identificare i bambini, perchè spesso “non riescono neanche a dire il loro nome” quando arrivano negli ospedali “feriti o in stato di shock”.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Multe Ue all’Italia per gravi irregolarità ambientali

Lorenzo Romeo

Ue, varato il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia

Redazione

Da Ue nuove norme per prevenire minacce sanitarie

Lorenzo Romeo

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.