Doppio round sindacale ieri, per la riforma della previdenza e il rinnovo del contratto dei medici. Per le pensioni nessuna svolta ma nuove tensioni, con la Cgil che annuncia una manifestazione di protesta a Roma per il sette ottobre. Un passo in avanti, invece, si registra per la sanità ma la palla passa alle Regioni, con i medici che temono un ulteriore rinvio e nuove lungaggini.
Previdenza e sanità
Per l’incontro sulla previdenza tenuto al ministero del Lavoro, la situazione è ancora di stallo, con la Cgil che attacca: “Noi continuiamo a fare la nostra parte ma, anche sulla previdenza, non si può dire lo stesso della Ministra e del Governo”, fa presente la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione. Sul contratto dei medici, invece, le Organizzazioni sindacali parlano di un confronto con l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, che va avanti a piccoli passi e con nuovi intoppi. La trattativa ora passa alle Regioni che attraverso le Asl amministrano la sanità. Toccherà a loro dare il via libera al rinnovo del contratto del lavoratori del Servizio sanitario nazionale, ma prima ci sono i conti da fare.
“La ripresa delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro di medici, veterinari e dirigenti sanitari ha fatto registrare l’apertura dell’Agenzia rispetto alle nostre richieste. Ma ora si entra in una fase delicata perché la palla passa alle Regioni che dovranno pronunciarsi sull’intero impianto”, evidenziano al termine dell’incontro all’Aran, Pierino Di Silverio, segretario Anaao Assomed e Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fedemed.
Cgil e Uil deluse
Sul fronte della previdenza ieri sera a pochi minuti dal termine del tavolo sulla riforma, sono arrivate le prime osservazioni e dichiarazioni critiche. In primo luogo rimarcano Cgil e Uil l’assenza del ministro per il lavoro e le politiche sociali, Marina Calderone. “Continua il silenzio del Governo sulle pensioni”, spiega il sindacato di PierPaolo Bombardieri, “Al tavolo sui lavori gravosi e donne, il Governo non ha dato una sola indicazione su cosa intende fare.
La Uil ha nuovamente chiesto di utilizzare l’elenco dei lavori gravosi come uno degli strumenti per realizzare una flessibilità di accesso alla pensione intorno a 62 anni”. Critiche severe arrivano dalla Cgil, “In assenza della Ministra, abbiamo ribadito all’Osservatorio le nostre proposte”, racconta la segretaria confederale della Cgil, “su lavori gravosi e usuranti e sulle misure che riguardano le donne. Noi continuiamo a fare la nostra parte ma, anche sulla previdenza, non si può dire lo stesso della Ministra e del Governo”.
Lavoro usurante e gravoso
La leader sindacale insiste anche su un altro aspetto quello di allargare le maglie sui lavori gravosi e usuranti. “Abbiamo chiesto di allargare la platea dei lavori gravosi, anche attraverso un unico elenco, estendendo quella attualmente prevista per l’Ape Sociale, anche per i precoci. Inoltre, abbiamo chiesto di aprire una riflessione sulla misura delle prestazioni, non solo sul diritto, per evitare penalizzazioni economiche sui trattamenti pensionistici”, spiega Lara Ghiglione. Sugli usuranti, aggiunge l’esponente della Cgil, “è necessario estendere il riconoscimento ad altri settori e professioni lavorative, rivendendo l’attuale meccanismo di riconoscimento del lavoro notturno”.
Opzione Donna subito
Stessa posizione di Cgil e Uil su Opzione donna che per i due sindacati va ripristinata come era prima: “nella versione originale e renderla strutturale”
“Occorre individuare criteri che diano risposte alle carriere discontinue e ai bassi salari anche attraverso il riconoscimento del lavoro di cura, in modo da garantire l’accesso senza penalizzazioni, e ripristinare opzione donna con i requisiti previgenti”, puntualizza Ghiglione che ribadisce, “resta il problema del metodo. Nessun riscontro, solo indiscrezioni giornalistiche che rivelano che tutti gli impegni assunti in campagna elettorale, a partire dai famosi 41 anni di servizio come criterio di accesso alla pensione, sono slogan per acquisire voti. Per questo la previdenza rimane un’importante prerogativa della nostra mobilitazione, a partire dalla manifestazione del 7 ottobre a Roma”.
Medici avvertono le Regioni
L’attesa svolta per il rinnovo dei contratti non ancora c’è, tocca alle Regioni valutare le richieste dei medici, che fanno dagli aumenti economici al taglio delle ore di lavoro, temi delicati che però i medici hanno già da tempo approfondito. Ieri Pierino Di Silverio, segretario Anaao Assomed e Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fedemed hanno rivolto un appello alle Regioni, “affinchè le loro valutazioni tengano conto della necessità di garantire un buon contratto alle migliaia di colleghe e colleghi che con il loro lavoro, svolto in condizioni ormai estreme, continuano ad assicurare l’esigibilità del diritto alla salute”. “Non dimentichiamo che sono proprio le Regioni”, osservano i due dirigenti sindacali, “che devono garantire i servizi e per questo ci auguriamo che la loro verifica abbia un esito positivo soprattutto per gli aspetti da noi più volte ribaditi e imprescindibili relativi all’orario di lavoro, ai fondi contrattuali, al servizio fuori sede, alla rappresentatività e al patrocinio legale”.
Tutelare sanità e pazienti
Infine anche per i medici le trattative devono essere chiuse, altrimenti sono pronte nuove proteste. “Se invece non ci saranno le condizioni per raggiungere un accordo soddisfacente tra tutte le parti in causa”, concludono Di Silverio e Quici, saremo costretti a intraprendere azioni sindacali per tutelare i nostri diritti e quelli dei nostri pazienti”.