sabato, 27 Aprile, 2024
Esteri

A Carrara il “roboscultore” artista che salva le statue

Un braccio meccanico per scolpire copie perfette e far risorgere opere contese o distrutte

All’Accademia di Belle Arti di Carrara si possono incontrare, insieme, scultori del passato, del presente e del futuro. E a  Carrara si può inventare un’azienda, la TorArt, che ha prodotto un “braccio antropomorfo” che scolpisce il marmo come un Michelangelo, un Donatello, un Canova? Dalle botteghe dei “marmorari” all’era del “roboscultore”.

Il laboratorio del futuro 

L’Accademia ha attivato un laboratorio del futuro: due scanner, a luce strutturata modello “Scanprobe”, che permettono l’acquisizione digitale tridimensionale di statue e manufatti. Da qui, con macchiene a controllo numerico, si realizzano copie perfette anche di statue famosissime per lo studio o l’archiviazione. Con un impianto di fresatura robotica ad altissima precisione, composto da un robot denominato “kuka kr-150”, munito di una testa rotante, si lavora alla statua con un errore di precisione inferiore al millimetro.

Il robot antropomorfo

Stesso principio e risultato sorprendente con L1 della TorArt e la sua spin-off Robotor. Il “robot dal braccio antropomorfo” è un novello Michelangelo alto 4 metri che scolpisce utilizzando un trapano rivestito di polvere di diamanti sintetici. Senza aver fatto un solo giorno di apprendistato L1 “lavora” molto più rapidamente di uno scultore umano, instancabilmente, anche giorno e notte. Non spreca il marmo e non è un caratteriale: esegue e basta. Soprattutto può eseguire copie perfette del David, o della la Dama velata o di Amore e Psiche. Certo è che L1 non vede in nessun modo l’angelo nel marmo prima di cominciare a scolpire per liberarlo. Quello accadeva a Michelangelo e a qualche altro scultore umano. L1 si limita a fare il 99% del lavoro, ma è nel restante 1% che si manifesta l’uomo. Giacomo Massari e Filippo Tincolini, cretori di L1, sostengono che il braccio robotico è soltanto “un assistente scultore”. Non è un maestro scultore. E non lo sarà mai.

Tecnologia ed arte

Piuttosto è uno dei risultati della tecnologia applicata all’arte e può essere finalizzata per il bene: per esempio contribuire a risolvere controversie e a tutelare le “vere” opere scultoree e architettoniche. Accade, ad esempio, che nella diatriba tra Grecia e Gran Bretagna, per i marmi del Partenone, i due paesi non riescono a mettersi d’accordo. La Grecia li rivuole: fanno parte della propria storia, risalgono al 447-432 avanti Cristo.

La lite Inghilterra e Grecia 

 Il British Museum non concede: li ha dagli inizi dell’Ottocento, li ha saccheggiati, ma li ha anche salvati dalla distruzione e dal degrado ed è disposta soltanto a prestarli. Così l’Institute of digital Archeology – una joint venture tra l’Università di Harvard, l’Università di Oxford e il Museum of the Future (Dubai) che promuove lo sviluppo e l’uso di tecniche di imaging digitale in archeologia, epigrafia, storia dell’arte e conservazione museale – promuove una loro “clonazione”, proprio come fatto nel 2016 con la ricostruzione dell’Arco Monumentale di Palmira, distrutto nel 2015 dall’Isis e presentato l’anno dopo a Trafalgar Square, proprio grazie allo scultore-robot di Carrara. Insomma si duplica il Partenone, o delle sue parti, e lo si espone sia a Londra che a Atene. Resta da decidere dove esporre l’originale e dove la copia.

L’evoluzione dello scalpello 

Del resto se al posto di martello e scalpello i maestri scultori contemporanei, e sono tanti, come Barry X Ball, Jeff Koons, Francesco Vezzoli, Vanessa Beecroft, Giuseppe Penone, Maurizio Cattelan, Zaha Hadid, Jimmie Durham, non disdegnano di farsi assistere da L1, perché il risultato non dovrebbe essere Arte? L1, a guradarlo bene, è solo l’evoluzione del martello e dello scalpello, non di Canova o Michelangelo che, tra l’altro, ammoniva: “un esperto è uno che conosce il suo lavoro talmente bene che può permettersi il lusso di farlo male.” Finchè ci saranno brutte sculture possiamo stare tranquilli; c’è di mezzo ancora l’uomo.

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