“Abbiamo finalmente cancellato l’evasione fiscale?”. L’interrogativo è provocatorio ma con una base di verità, lo scorso anno l’erario ha incassato, rispetto al 2021, 68,9 miliardi in più di entrate tributarie e contributive, ed ha recuperato 20,2 miliardi di evasione e ha “bloccato” 9,5 miliardi di frodi. Una analisi puntuale con cifre, riscontri e proiezioni è quella realizzata dalla Cgia di Mestre, società con un Ufficio studi efficiente e attenta ai temi socio economici.
Erario record di incassi
La domanda-provocazione lanciata dalla Cgia arriva, sulla base dei dati presentati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) e dall’Agenzia delle Entrate. Le cifre messe in evidenza ricordano che l’anno scorso l’erario ha incassato, rispetto al 2021, 68,9 miliardi in più di entrate tributarie e contributive, ha recuperato 20,2 miliardi di evasione e ha “bloccato” 9,5 miliardi di frodi. Questo maggior gettito, pertanto, ammonta complessivamente a 98,6 miliardi di euro.
Evasione azzerata?
“Un importo che ha una dimensione leggermente inferiore alla stima dell’evasione fiscale e contributiva presente in Italia che, secondo le stime, ammonterebbe attorno ai 100 miliardi di euro”, calcola l’Ufficio studi della società mestrina, “Possiamo pertanto affermare che abbiamo azzerato l’evasione? Certamente no, sebbene abbiamo imboccato la strada giusta per la sua progressiva riduzione. Infatti, una quota preponderante dei 68,9 miliardi incassati in più sono riconducibili al buon andamento dell’economia verificatasi l’anno scorso che include un importo – sicuramente contenuto ma ogni anno in costante aumento – ascrivibile agli effetti della compliance fiscale. Dunque”, osserva la Cgia, “possiamo dire che un fondo di verità c’è”.
Controlli che funzionano
“Se teniamo conto”, puntualizza la Cgia, “degli effetti riconducibili alla fatturazione elettronica, allo split payment e all’attività di controllo praticata dal fisco attraverso l’incrocio dei dati presenti nelle proprie banche dati, rispetto a qualche anno fa gli evasori hanno la vita più dura. Certo, non tutti. Chi è completamente sconosciuto al fisco continua imperterrito a farla franca”.
Mafie e traffici illegali Tra i grandi evasori le organizzazioni criminali di stampo mafioso che sempre con maggior dedizione seguitano a coltivare i propri traffici illegali. Ma poco “sensibili alla fedeltà fiscale”, osserva la società mestrina, “lo sono anche quelle multinazionali e i giganti del web che, in Italia, realizzano profitti miliardari, ma la stragrande maggioranza delle imposte le versano nei paesi a elevata fiscalità di vantaggio”.
La riforma fiscale in arrivo
In attesa di poter disporre di ulteriori informazioni sul testo approvato dal governo Meloni, per l’Ufficio studi della Cgia una riforma fiscale che abbia l’ambizione di definirsi tale deve, “innanzitutto, indicare preventivamente quanto costa e dove si recuperano le coperture, dopodiché ha il compito di conseguire, in tempi ragionevolmente brevi, almeno altri tre obbiettivi”, puntualizza l’Ufficio studi, che elenca, le iniziative da intraprendere, “la riduzione del carico fiscale a famiglie e imprese; la semplificazione del rapporto tra il fisco e il contribuente; la riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale”.
Tasse eque e semplici
Le indicazione utili alla riforma del fisco che per la Cgia sono strategiche sono poche e semplici. “Il mancato raggiungimento di questi punti”, osserva la società di analisi socio economiche, “costituisce un serio pericolo che la stessa sia destinata a fallire o comunque non in grado di dare una seria risposta alle tante istanze sollevate dai contribuenti che da tempo chiedono un fisco più equo e meno complicato”.
Imprese più tartassate d’Europa
Nel confronto con i principali Paesi Ue l’Italia è la meno generosa con i contribuenti. “Purtroppo, la percentuale del gettito fiscale riconducibile alle aziende italiane”, calcola l’Ufficio studi, “sul totale nazionale è nettamente superiore, ad esempio, a quella tedesca, francese e spagnola.
Se nel 2020 da noi ha raggiunto il 13,5 per cento (garantendo un gettito di 94,3 miliardi di euro) in Germania era al 10,7 per cento (144, 8 miliardi di imposte versate), in Francia al 10,3 per cento (108,4 miliardi versati) e in Spagna al 10,1 per cento (41,7 miliardi di gettito). Rispetto alla media europea”, calcola la Cgia, “scontiamo oltre 2 punti percentuali in più”.
Aliquote alte sui redditi
Un ulteriore elemento che conferma l’elevato livello di tassazione sulle imprese italiane emerge dal confronto delle principali aliquote che gravano sul reddito imponibile delle società. “Se in Italia si attesta al 27,9 per cento, tra i nostri principali competitor scorgiamo che in Francia è al 25,8 per cento e in Spagna al 25 per cento. Tra i big solo la Germania, pari al 29,8 per cento, sconta un livello superiore al nostro”, fa presente la Cgia, “Rispetto alla media europea, in Italia l’aliquota è superiore di ben 6,7 punti”.
Ridurre il peso delle tasse Per gli analisti della società di Mestre, uno dei problemi della riforma è abbassare il livello di tassazione sui contribuenti.
“Come abbiamo richiamato più sopra, uno degli obbiettivi principali di una seria rivisitazione del nostro sistema di tassazione è quello di alleggerirne il peso sui contribuenti”, osserva la Cgia, “Nel 2022, la pressione fiscale in Italia, data dal rapporto tra le entrate fiscali e il Pil, ha raggiunto il 43,5 per cento; un livello mai toccato in precedenza”.
Il boom dopo il blocco
Covid Il record storico raggiunto l’anno scorso, comunque, puntualizza la Cgia, non è riconducibile ad un aumento della tassazione su famiglie e imprese, “ma dal combinato disposto di tre aspetti congiunturali distinti”, spiega l’Ufficio studi, “Il primo da un forte aumento dell’inflazione, che ha fatto salire le imposte indirette; il secondo dal miglioramento economico e occupazionale avvenuto, in particolar modo, nella prima parte dell’anno, che ha favorito la crescita delle imposte dirette e il terzo dall’introduzione nel biennio 2020-2021 di molte proroghe e sospensioni dei versamenti tributari, agevolazioni che sono state cancellate per il 2022.
Oltre a queste tre specificità, va altresì considerato”, prosegue la Cgia, “che a partire da marzo 2022 le famiglie italiane percepiscono l’assegno unico, misura che ha sostituito le “vecchie” detrazioni per i figli a carico. Questa novità (a parità di condizioni) ha delle evidenti implicazioni sul calcolo della pressione fiscale. Se le detrazioni riducevano l’Irpef da versare al fisco, la loro abolizione ha incrementato il gettito fiscale complessivo annuo di circa 6 miliardi di euro”.
Il maggior flusso tributario
“Ricordiamo”, illustra ancora la Cgia, “che le risorse per erogare l’assegno unico vengono contabilizzate nel bilancio statale come uscite.
In termini assoluti, infine, segnaliamo”, prosegue l’analisi, “che secondo i dati resi noti nei giorni scorsi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (gennaio- dicembre 2022), le entrate tributarie e contributive sono aumentate, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, complessivamente di 68,9 miliardi di euro (+9,2 per cento). Di queste, le entrate tributarie”, conclude l’Ufficio studi, “sono aumentate di 53,7 miliardi (+10,5 per cento) e le contributive di 15,7 miliardi (+6,4 per cento)”.