lunedì, 16 Dicembre, 2024
Economia

Il deserto del commercio. Scompaiono 100 mila esercizi e 16 mila ambulanti 

Confcommercio. Sangalli: riqualificare le aree urbane e attuare il Pnrr

“Desertificazione”, per la Confcommercio è l‘incubo che descrive 10 anni di chiusure, di saracinesche abbassate e luci spente con aree centrali che hanno perso vitalità e sicurezza.
Fallimenti con effetto domino che hanno mandato al tappeto 100 mila negozi al dettaglio e 16 mila imprese di commercio ambulante. Un crollo che il presidente della Confederazione Carlo Sangalli definisce come una caduta che spazza via non solo gli esercizi commerciali ma servizi, vivibilità, rapporti umani e sicurezza.

Anni difficili chiusure e cessioni

I numeri sintetizzano dieci anni di difficoltà, di una inversione di tendenza che appare impossibile, se non in modo marginale compensata dalla nascita di nuovi esercizi per il tempo libero, come bar e ristoranti. I dati pesantemente negativi per la Confederazione sono il segno di uno choc che preoccupa fortemente i vertici della Confcommercio che invocano correttivi come l’accelerazione della riqualificazione urbana e un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del Piano nazionale di ripresa. Con una pressante richiesta, quella che siano ora, “coinvolte le parti sociali”.

L’inchiesta, i numeri shock

C’era una volta il commercio. Il “quadro” delle passate e presenti difficoltà emerge dalla consueta analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d’impresa nelle città italiane, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. “Negli ultimi 10 anni sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante”, puntualizza la Confcommercio, “Crescono gli alberghi e i ristoranti ma senza riuscire a compensare le riduzioni del commercio.

Crisi inghiotte imprese

“Complessivamente”, sottolinea il direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, “la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock. L’entità del fenomeno non può che destare preoccupazione”.

L’Ufficio studi calcola che tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante”, evidenzia il documento che indica anche un cambio di tendenza, “in crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275); nello stesso periodo, cresce la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani, rispettivamente -138mila e -148mila”.
 

Sud vivace, nord in difficoltà

A patire le maggiori conseguenze sono le aree urbane e centrali delle grandi città, dove alle chiusure sono in crescita con una risalita dei bar, in particolare al nord, mentre il sud ha ancora un tessuto commerciale abbastanza omogeneo. “Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi”, illustra la Confcommercio, “la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord”.

Desertificazione dei centri

Cambia anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%). La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confina con il rischio di desertificazione commerciale delle nostre città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.

Riqualificazione urbana e Pnrr

Il presidente di Confcommercio ha commentato l’analisi dell’Ufficio Studi della Confederazione sulla demografia di impresa nelle città italiane: “La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza”, sottolinea Carlo Sangalli, “Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del Piano nazionale di ripresa e il coinvolgimento delle parti sociali”.
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