sabato, 16 Novembre, 2024
Manica Larga

La nobile arte della boxe e il denaro sporco

Per un breve periodo di tempo ho avuto modo di frequentare la redazione di alcune testate locali oltremanica. Un percorso che ho ritenuto molto affascinante data la mia personale passione per le notizie locali, quelle che originano nella piazza del paese per intenderci, ormai sostituite da altre piazze artificiali costruite al coperto di scrostati centri commerciali.

Nel mio pellegrinaggio seguivo Mike, un caporedattore che mi aveva negli anni preso particolarmente a cuore, anche se sapeva non sarei finito a fare il giornalista. Sarà che la moglie era italiana, di Bergamo, ed egli coltivava una passione di riflesso per il nostro Paese che non mancava di condividere con cadenza quotidiana.

La mia postazione confinava con la sua. Con la delicatezza di un ex pugile che ha speso sul ring buona parte della propria vita sportiva, da promettente boxeur quale è stato, un giorno mi fa: “Qual è secondo te il problema principale dell’Italia?”

Io, scorrendo la mia personale lista Hot & Not, non trovo una risposta al volo. Così è lui ad affossare il colpo. “Black money” sentenzia, senza lasciarmi spazio con un perfetto uno-due. Sentii la violenza dell’urto. Perciò cercai di legare, come per riprendermi. Ma niente. Rimase solo il gong.

“Black money”

Di rientro per il break natalizio, alienato dal dibattito “POS si, POS no”, e all’ennesimo scontrino non emesso, ho guardato nel mio angolo come un pugile suonato, ma Mike non c’era più. La notizia era vecchia. Aveva ragione lui.

Fu allora che mi venne in mente una discussione che ebbi un pomeriggio d’Agosto con un mio vecchio professore, diventato grande amico. Fui io a obiettare: “Eppure basterebbe poco: un processo trasparente, controlli, law enforcement, la necessaria accountability. Voglio dire niente di complicato, ma che semplificherebbe cose molto complicate come, per esempio, garantire un servizio sanitario pubblico ed efficiente, una istruzione pubblica di qualità e via discorrendo. Ne guadagneremmo tutti”.

Il succo della sua risposta, pessimista o realista non saprei dire, fu che “purtroppo non siamo fatti così”. Aggiunsi a quel punto, come uno scoordinato aspirante pugile fuori tempo, che nonostante tutto potremmo provare a cambiare. Basterebbe partire dalla cura da riservare alle piccole cose nelle nostre vite quotidiane. Piccoli ma grandi gesti di civiltà che ci aiuterebbero a cambiare il nostro modo di vedere il e di stare al mondo. Non rispose.

In conclusione

Pochi giorni fa ero alla guida della mia auto quando vedo un nonno con un passeggino fermo sulle strisce pedonali. Mi fermo a mia volta. Avendo intuito le mie intenzioni, ma scorato, quello mi fa cenno di passare. Non mi muovo. Abbiamo aspettato tre auto prima che la quarta si fermasse. La donna al volante ci ha sorriso. Il nonno ha ringraziato. Ognuno ha proseguito per la propria strada.

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