sabato, 20 Aprile, 2024
Società

Il dialogo ebraico-cattolico nel pensiero del cardinale Martini

In questi giorni ricorre l’anniversario della morte del cardinale Martini, una delle figure più illustri e affascinanti della chiesa cattolica.

Tra le sue eredità va menzionata l’impegno profuso nel dialogo ebraico-cattolico.

La strada fu iniziata con la dichiarazione “Nostra Aetate” e proseguì con l’azione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, il pontefice che con la visita alla Sinagoga di Roma sancì la riunificazione tra fratelli maggiori e minori.

In uno dei testi più illuminanti, “Israele radice Santa” il cardinale Martini scrive: la chiesa e il cristianesimo non possono capire se stessi se non in relazione alle radici sante della nostra fede e quindi al significato del popolo ebraico nella storia”.

Bisogna inoltre menzionare ‘l’incontro a due voci”, il dialogo sviluppato con il rabbino capo di Milano laras, cui il porporato era legato da profonda amicizia e stima. Questi “meeting” durano ancora oggi e contribuiscono a rinsaldare una relazione tra le due fedi.

Anche nella giornata del dialogo ebraico cattolico che ricorre ogni anno il 17 gennaio il cardinale Martini non fece mai mancare il suo apporto e la sua saggezza. “L’alleanza tra le due fedi basata su punti comuni nelle proprie radici bibliche”. Nella visita dell’arcivescovo Martini alla sinagoga di Milano il 30 novembre 1993 in occasione del 50esimo anniversario della deportazione degli ebrei italiani, il cardinale gettò il suo seme di dialogo.

Ricordiamo l’insegnamento di Papa Francesco: “Il dialogo si sviluppa attraverso la lingua della mente, del cuore e delle mani”.

Al cardinale Martini va quindi rivolto un grazie sincero per la sua opera e i suoi insegnamenti.

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