Dal dibattito sull’ultimo numero dell’Osservatorio Cida-Adapt dedicato al lavoro giovanile è emerso che in Italia stiamo assistendo al fenomeno “paradosso giovani”: calano di numero, ma non riescono lo stesso a trovare lavoro. Il tasso di occupazione giovanile in Italia resta troppo basso in confronto ai i partner europei per mancanza di un dialogo strutturale fra scuola e imprese e nuove politiche di accompagnamento nelle fasi di transizione. “L’Osservatorio trimestrale sul mondo del lavoro – ha spiegato il presidente della Cida, Mario Mantovani – nasce dall’esigenza di una lettura non convenzionale dei dati statistici per avere una visione delle dinamiche occupazionali più aderente alla realtà e fornire ai manager uno strumento utile ai loro processi decisionali e organizzativi
I dati, una volta ‘spacchettati’ e analizzati mostrano, ad esempio, la scarsa affidabilità delle ‘medie’ statistiche, poco adatte a leggere una realtà molto differenziata sul territorio. Nell’Osservatorio, altro esempio, ci si è concentrati sulla fascia d’età 25-34 anni, perché in quella precedente, 15-24 anni, l’incidenza di chi studia è troppo alta per poterne ricavare dati realistici su disoccupazione e precariato”. “Ma il fattore che ha pesato di più per capacità di interpretare andamento e tendenze del mondo del lavoro è quello demografico. In 10 anni, dal 2010 al 2020, la corte dei 25-34enni è diminuita di circa un milione di unità. Una tendenza che non sembra arrestarsi e che, comunque, può essere invertita solo in un lungo arco di tempo. Normalmente, meno giovani domandano lavoro, più dovrebbe essere facile trovarlo.” “Come Cida esortiamo il decisore politico a intervenire su queste basi, su questi dati rappresentativi di una realtà che spesso sfugge ad un’analisi superficiale.
I numeri indicano le strade da seguire: riallacciando il dialogo fra scuola e lavoro, gestendo le fasi di transizione, investendo sulla formazione continua che deve accompagnare tutto l’arco della vita lavorativa. Come manager siamo consapevoli di quanto sia importante la qualità del lavoro che va perseguita investendo sulle risorse umane e che va adeguatamente retribuita. Anche quello delle retribuzioni, infatti, è un tema che va messo al centro di quel ‘patto sociale’ proposto dal Governo: l’Italia non può essere un Paese ‘low cost’ con lavoro poco qualificato, sostanzialmente privo di formazione, distante dal mondo dell’università e della ricerca e poco retribuito. Così ci avvitiamo verso il basso, perdendo potere d’acquisto e impoverendo il Paese”, conclude Mantovani.