Una inflazione a ridosso del 5% che rischia di mettere in seria difficoltà la ripresa. Con un occhio all’economia e uno alla famiglie, Confcommercio spiega: “valori così alti e di altri tempi, con i quali le
famiglie e le imprese devono, comunque, confrontarsi”.
Danni di lungo periodo
“A questo andamento, come era prevedibile, hanno contribuito essenzialmente gli aumenti della componente energetica a cui si cominciano ad associare tensioni nell’alimentare”, spiega l’Ufficio Studi di Confcommercio, “causa materie prime, e nei servizi di alloggio e nella ristorazione, in cui la componente energetica costituisce una frazione rilevante dei costi d’esercizio delle imprese. Questa situazione difficilmente si risolverà nel breve periodo. L’inflazione acquisita è già al 3,4% per l’anno in corso che, in media, potrebbe esibire una variazione dei prezzi superiore al 4%”.
L’elemento positivo
Nella analisi della Confcommercio c’è un elemento positivo, quello della “inflazione di fondo” che si mantiene stabile “su valori contenuti (+1,5% nel confronto annuo), e mostra anche nel complesso della Uem una dinamica non particolarmente espansiva (+2,5%), fattore che lascia immaginare un’uscita molto graduale dalla politica dei bassi tassi d’interesse. Nel frattempo bisognerà valutare quanto l’incrocio tra maggiore inflazione e minore fiducia comprimerà i consumi delle famiglie via compressione del potere d’acquisto della ricchezza detenuta in forma liquida, con riflessi sfavorevoli sulla dinamica complessiva dell’attività economica”.
Dati e preoccupazioni
La marcia ancora più forte della corsa dell’inflazione è quella di una accelerazione di gennaio, secondo la stima preliminare diffusa dall’Istat l’indice nazionale dei prezzi al consumo è aumentato dell’1,6% su base mensile e del 4,8% su base annua dal +3,9% del mese precedente. “È l’incremento tendenziale più alto dall’aprile del 1996”, ricorda la Confcommercio, “A trainare l’aumento sono I Beni energetici che fanno segnare una crescita su base annua mai registrata (da +29,1% di dicembre a +38,6%, con la componente regolamentata che sale da +41,9% a +93,5%), “ma”, sottolinea l’Istat, “tensioni inflazionistiche crescenti si manifestano anche in altri comparti merceologici”. E quindi schizzano in alto i prezzi dei Beni alimentari, sia lavorati (da +2% a +2,4%) che non lavorati (da +3,6% a +5,4%) e quelli dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +2,3% a +3,5%), mentre rallentano invece i prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da
+3,6% a +1,4%).