Con Legge 126 del 13 ottobre 2020 (ex dlgs 104/2020) lo Stato ha distribuito alle regioni 478.218.772 euro allo scopo di ridurre le liste di attesa per le prestazioni di ricovero, di specialistica ambulatoriale e di screening non erogate ai cittadini, stante l’emergenza pandemica da Covid.
L’utilizzo di tali risorse è stato prorogato al 31 dicembre 2021 e, attualmente, rientra nelle disponibilità delle regioni e, quindi, delle aziende, per retribuire il personale medico e non medico, sotto forma di prestazioni aggiuntive, inclusa l’attività chirurgica. Come sono state utilizzate queste risorse? Hanno sortito l’effetto desiderato? I professionisti sono stati coinvolti? Per rispondere a queste domande, il coordinamento CIMO-LAB ho condotto un’indagine conoscitiva tra i 20 segretari regionali CIMO ed ha accertato che solo il 20% degli stessi è a conoscenza dell’entità residua di tali risorse; che solo il 35% delle aziende riconosce al personale sanitario la tariffa oraria prevista dalla Legge e il 15% delle stesse, applica la norma in maniera non conforme.
“Senza voler entrare nel merito delle scelte aziendali – dichiara Cristina Cenci responsabile del coordinamento – dalla nostra indagine emerge, tuttavia, con chiarezza, l’assenza di trasparenza e informazione sul corretto utilizzo delle risorse, proprio mentre si alza il grido d’allarme dei cittadini e delle associazioni, per i lunghi tempi di attesa delle prestazioni specialistiche ambulatoriali e chirurgiche, stante il mancato aumento dell’offerta sanitaria”.
“Ancora una volta si ha la percezione che le lungaggini burocratiche impediscano il concreto raggiungimento degli obiettivi di Governo – commenta Guido Quici, presidente della Federazione CIMO-FESMED – tanto che, per alcune regioni, le attività sanitarie aggiuntive, sono state avviate nel corrente mese di novembre, il che impedisce di fatto, il completo utilizzo dei fondi”.
“Non vorremmo, a questo punto, che a qualche decisore politico “illuminato” venga nuovamente l’idea di fronteggiare il problema delle liste d’attesa bloccando l’attività libero professionale del medico, provvedimento del tutto influente e demagogico, ma chiaro segnale di non voler utilizzare queste risorse per aiutare i cittadini”, conclude Quici.
E’ intenzione, quindi, della Federazione CIMO-FESMED, di chiedere accesso agli atti presso le singole regioni/aziende, per conoscere le modalità di assegnazione e gli eventuali residui, anche in considerazione del fatto che occorre definire una ulteriore proroga, per consentire il pieno utilizzo delle risorse, a favore di chi attende da troppo tempo.