lunedì, 18 Novembre, 2024
Società

Prostituzione, giro da 4 miliardi

“Roberto Salvini sbaglia anche rispetto alle donne la Lega è in prima linea per difenderne dignità e diritti, sotto tutti i punti di vista, familiare, sociale e lavorativo”. Ricordate? È la reprimenda della Lega contro “la bufera scatenata”, dal consigliere regionale della Toscana, sempre della Lega, che aveva annunciato la scorsa settimana una sua idea, quella di “mettete le donne in vetrina per favorire io turismo”.

Sullo sfortunato consigliere leghista si sono abbattute critiche da ogni parte compresa quelle del capogruppo Elisa Montemagni che ha proceduto alla “sospensione del consigliere Roberto Salvini”. Insomma un pasticcio nato da una proposta a dir poco infelice. Tuttavia spostando l’obiettivo su un altro tema che vede sempre le donne protagoniste e la Lega che sforna proposte su di loro, prima del Consigliere Roberto Salvini, – su un altro terreno ma lo stesso accidentato e scivolosissimo – quello della riapertura delle “Case chiuse”, su iniziativa del leader Maximo leghista, Matteo Salvini che la scorsa primavera quando era ministro degli interni nel governo Giallo-Verde, aveva dichiarato che la svolta avrebbe contrastato mafie, illegalità, evasione fiscale “recupereremo 2 miliardi”, e salvaguardato in termini di sicurezza e sanitari le prostitute.

Ero e continuo a essere favorevole alla riapertura delle case chiuse, non è nel contratto di governo perché i Cinque Stelle non la pensano così, ma significherebbe togliere alle mafie, alle strade e al degrado questo business; sono convinto che sia la strada giusta e che il modello austriaco sia quello più efficiente”. Proposte con il nuovo governo Giallo-Rosso sono tornate in soffitta e sottratte alle contrapposizioni politiche e dei talkshow, possono essere valutate con maggiore serenità, iniziando dai numeri della prostituzione, dei clienti, del giro d’affari, dei reati, delle tutele fisiche e sanitarie delle ragazze.

Le stime economiche, quelle che possono essere fatte per un fenomeno sommerso, dicono che la spesa complessiva degli italiani in questo campo si aggira da anni intorno ai 4 miliardi di euro: “poco meno di un terzo del mercato totale della droga, per fare un confronto”, spiegano gli analisti di Wired. Inoltre l’Istat, fa presente che: “la disponibilità di diversi studi e informazioni sul fenomeno consente di assumere che in Italia sussista una significativa produzione interna del servizio, che si ipotizza essere offerto prevalentemente da residenti, indipendentemente dalla nazionalità italiana o straniera”. Interessante anche come si è arrivati alla valutazione dei 4 miliardi e di quanto sia ampio il fenomeno.

“La metodologia di misurazione”, calcola l’Inps, “poggia sulla stima preliminare del numero di prostitute distinte per tipologia del servizio: in strada, appartamento e night club, e dalla attribuzione a esse di un numero di prestazioni giornaliere e di un numero di giornate lavorate. L’elaborazione di queste informazioni consente di determinare il numero complessivo delle prestazioni offerte sul mercato interno. Il valore del servizio offerto è determinato utilizzando i prezzi praticati in base alla tipologia del servizio”. A fare una analisi che mette in evidenza “i prezzi richiesti” per le diverse prestazioni è il Codacons in una ricerca fatta in diverse città: Milano, Roma e Napoli.

“Le prostitute attive in Italia risultano essere tra le 90 e le 100mila, di cui più della metà straniere”, calcola nel suo dossier il Codacons, “il 60% circa esercita la propria attività in strada, purtroppo spesso sotto il controllo di bande, il resto lo fa in appartamento, nei night club o in quella specie di postriboli tollerati che sono molti centri massaggi. Negli ultimi anni è cresciuta in maniera esponenziale la prostituzione via web, con tanto di portali specializzati nel fornire nomi e indirizzi. Le tariffe”, si legge nella ricerca Codacons, “variano naturalmente moltissimo, in una forbice che va dai 30 miserabili euro incassati dalle cosiddette schiave del sesso reperibili nelle strade periferiche, a centinaia, se non migliaia di euro per prestazioni di alto livello. Sul numero dei clienti le varie stime fatte non concordano, si va da 3 ad addirittura 9 milioni. Il fatturato annuo totale”, conclude il Codacons, “è stato valutato in circa 4 miliardi, con una potenziale imposizione fiscale teoricamente superiore al miliardo, su cui la Lega ha già posato gli occhi.

Arrivarci, tuttavia, non è semplice”. Così come non è affatto semplice un’attività investigativa repressiva, o giudiziaria. Le denunce per sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione sono rare.
Ma cosa accade negli altri Paesi? In Russia la prostituzione è vietata, mentre in Spagna e Austria, con margini diversi, le Case chiuse sono consentite ma  non il favoreggiamento. In Germania, Olanda, e Grecia, invece posto che clienti e prostitute siano maggiorenni e le parti consenzienti, l’attività per lo Stato è considerata legale.

A smontate pezzo per pezzo il modello Salvini ispirato al “modello austriaco” è, invece, Marzia Gotti, responsabile di Lule, l’associazione che, con più di vent’anni di lavoro alle spalle, rappresenta una dei principali soggetti in nord Italia ad occuparsi di lotta al traffico di esseri umani e assistenza alle vittime di tratta.

“Allo stato dei fatti è impossibile. L’Italia nel 1949 ha firmato una convenzione con le Nazioni Unite a cui aderisce in maniera piena e attiva”, ricorda Marzia Gotti, “alla convenzione deve essere punito qualsiasi soggetto che rapisce, adesca, sfrutta un’altra persona anche se consenziente. L’articolo 2 di questa convenzione, inoltre, sostiene che non si possono gestire case chiuse o bordelli”.

La riapertura delle “Case” non favorirebbe neanche la tutela delle donne, in quanto le strutture finirebbero nelle mani di organizzazioni criminali. “Oggi tutte quelle organizzazioni e bande che gestiscono il giro di prostituzione sono molto grandi e sono legate anche ad altri traffici: come quello di droga o di armi. Quale persona normale si metterebbe a gestire una Casa chiusa? Immagino che a prendere le redini di queste strutture sarebbe comunque un’organizzazione criminale”. Anche sulla questione sanitaria per l’associazione Lule non c’è nessuna garanzia per le ragazze. “Nell’immaginario comune”, conclude Marzia Gotti, “la prostituta che lavora in strada è più soggetta a malattie e quella che lavora ‘al chiuso’ no, e comunque i clienti chiedono di avere rapporti non protetti”.

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