LECCE (ITALPRESS) – Un modello di cura oncologica che “rimetta al centro la persona nella sua interezza”. Dalla necessità di ascoltare le storie dei pazienti alla costruzione di percorsi personalizzati, dal valore della prevenzione alla collaborazione con il terzo settore, fino alla tutela del benessere degli operatori. Un appello lanciato dal palco del Teatro Paisiello di Lecce, dove è stato presentato il Manifesto per l’umanizzazione delle cure per il paziente oncologico. L’occasione è il secondo congresso nazionale della Lilt, inserito negli Stati generali itineranti per l’umanizzazione delle cure e il benessere organizzativo. Dalla necessità di ascoltare le storie dei pazienti alla costruzione di percorsi personalizzati, dal valore della prevenzione alla collaborazione con il terzo settore, fino alla tutela del benessere degli operatori, il documento delinea una visione etica, organizzativa e culturale dell’oncologia in cui la tecnologia sostiene – senza sostituire – la relazione, e in cui equità, continuità assistenziale e sostenibilità diventano pilastri irrinunciabili. E’ su queste basi che si apre la riflessione presentata a Lecce, con una premessa netta: umanizzare la cura oncologica è un atto di civiltà. La malattia non è mai solo clinica; entra nella vita emotiva, sociale e lavorativa della persona e ne ridefinisce significati e priorità. Per questo il Manifesto invita a un approccio globale, biopsicosociale, in cui il paziente viene accompagnato non solo nelle decisioni terapeutiche, ma anche nel recupero di dignità, identità e senso, diventando parte attiva del proprio percorso. Nel documento presentato ampio spazio è dedicato al valore dell’ascolto. Accogliere la narrazione della malattia, le paure e le speranze, è riconosciuto come elemento terapeutico a tutti gli effetti: “le storie aiutano a costruire fiducia e ad alleare pazienti, famiglie e professionisti in un percorso comune”.
Allo stesso tempo, il Manifesto ribadisce il ruolo decisivo della prevenzione e della diagnosi precoce, sottolineando come scelte salutari e adesione ai programmi di sorveglianza migliorino la qualità della vita e rafforzino il rapporto tra cittadini e sistema sanitario. Il documento valorizza inoltre la rete del terzo settore, considerata fondamentale per offrire supporto psicologico, orientamento ai servizi e tutela dei diritti. E, se da un lato invita a utilizzare le tecnologie come strumenti agili per migliorare l’accessibilità, dall’altro ricorda che nessuna innovazione può sostituire lo sguardo, il tocco e la presenza empatica di chi cura.
“Dobbiamo cercare di deburocratizzare questa sanità e di renderla, sotto questo aspetto, più umana – ha commentato Francesco Schittulli, presidente nazionale della Lilt -. Invece di perdere tanto tempo per gestire il paziente, dobbiamo saperlo gestire dal punto di vista umano, oltre che scientifico. Il manifesto si muove proprio in questa direzione”.
“L’umanizzazione è l’aspetto fondamentale – ha spiegato Giovanni Leonardi, Capo Dipartimento One Health del ministero della Salute – il paziente deve essere al centro e ascoltato in tutto. E’ un lavoro che parte dal locale e si estende a tutta la nazione, da qui nasce la collaborazione tra Ministero e Lilt che si è fatta sempre più forte”.
Tra i punti chiave emergono anche il benessere degli operatori, la semplificazione dell’accesso ai servizi, la sicurezza dei dati sanitari e la sostenibilità ambientale ed economica, vista come responsabilità intergenerazionale. Infine, il Manifesto pone attenzione sulla medicina di genere, ritenuta essenziale per garantire equità e appropriatezza nelle cure.
– foto f06/Italpress –
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