Un oceano di plastica: si stima che nell’Atlantico ne arrivino ogni anno dai cinque ai tredici milioni di tonnellate, una presenza di cui però si conosce molto poco, appena il 10%, soprattutto a causa delle microplastiche. E proprio per colmare questa lacuna è partito Hotmic (Horizontal and vertical oceanic distribution, transport, and impact of microplastics), un progetto triennale finanziato con 2,3 milioni di euro nell’ambito del programma europeo JPI Oceans a sostegno dei mari denominato Healthy and Productive Seas and Oceans.
I paesi europei impegnati nel progetto Hotmic sono sei e per l’Italia l’unico partner è il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa. Hotmic ha l’obiettivo di mappare la presenza delle microplastiche dalla costa Atlantica europea sino al vortice nord atlantico. Con questo progetto si metteranno a punto metodologie analitiche e si faranno campagne di campionamento delle microplastiche, anche sotto i 10 micron, per valutarne entità, tipologia, distribuzione, rotte dagli estuari fino al mare aperto e dalla superficie sino ai fondali, modalità di degradazione e di interazione con organismi biologici.
L’intento è porre le basi per una più accurata valutazione dei potenziali rischi per l’ambiente e per gli organismi marini. In particolare, i chimici e ricercatori dell’Ateneo pisano metteranno in campo le tecniche uniche che hanno ideato per identificare e quantificare le diverse varietà di microplastiche.
“La sfida è identificare i principali inquinanti plastici: le insidie maggiori arrivano dai frammenti di plastica più fini, come ad esempio i prodotti di degradazione di imballaggi plastici, le microsfere di polistirene che derivano da alcuni prodotti cosmetici o le microfibre dei tessuti sintetici, che più facilmente entrano nella catena alimentare degli organismi acquatici”, spiega Valter Castelvetro dell’Ateneo pisano. (Italpress)