Da oltre un decennio, Uber è coinvolta in una controversia legale che potrebbe compromettere l’intero modello di business dell’azienda. La disputa riguarda l’utilizzo di tecnologie brevettate per la guida autonoma, con accuse di violazione della proprietà intellettuale che hanno coinvolto colossi come Google e la sua divisione Waymo. Il caso più noto risale al 2017, quando Alphabet, la holding di Google, ha citato Uber in giudizio per il presunto furto di 14.000 file riservati contenenti progetti per la tecnologia LiDAR, un sistema avanzato di rilevamento per veicoli autonomi. L’accusa sosteneva che Anthony Lewandowski, ex dirigente di Waymo, avesse sottratto tali dati prima di lasciare l’azienda per fondare Otto, una startup poi acquisita da Uber. La controversia si è conclusa con un accordo da 245 milioni di dollari, ma le battaglie legali non sono terminate. Negli anni successivi, Uber ha dovuto affrontare nuove cause legali legate alla sua tecnologia e al modello di business, con tribunali europei e americani che hanno messo in discussione la sua regolamentazione e il suo impatto sulla concorrenza. Oggi, con l’espansione della guida autonoma e l’evoluzione della sharing economy, Uber potrebbe ritrovarsi nuovamente sotto pressione. Se nuove sentenze dovessero confermare violazioni di brevetti, il gigante del trasporto rischierebbe di dover rivedere la sua tecnologia, con importanti ripercussioni economiche e strategiche. In un settore in continua evoluzione, la controversia sui brevetti rappresenta una minaccia concreta per Uber, che sarà chiamata a confrontarsi con regolamenti sempre più rigorosi e sfide legali per mantenere la sua posizione di leadership nel mercato globale.