Il 2025 sarà un anno decisivo per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma i ritardi e le difficoltà strutturali rischiano di compromettere il conseguimento degli obiettivi e la conseguente erogazione dei fondi. Secondo il Centro studi di Unimpresa, le criticità potrebbero mettere a rischio 25,6 miliardi di euro previsti per il 2025 e 28,4 miliardi per il 2026, per un totale di 55 miliardi di euro. L’Italia si trova di fronte a sette snodi fondamentali, che, se non affrontati con decisione, potrebbero portare a un fallimento parziale del piano, con pesanti conseguenze economiche e sulla credibilità del Paese in Europa. Uno dei principali problemi riguarda la riforma per ridurre i tempi di pagamento della Pubblica Amministrazione. Il Pnrr prevede che entro il 2025 le amministrazioni centrali e locali paghino entro 30 giorni, mentre le autorità sanitarie abbiano un termine massimo di 60 giorni. Ma la carenza di personale negli enti pubblici e le difficoltà operative rischiano di rallentare l’attuazione della riforma, con possibili ricadute sui flussi finanziari e sulla fiducia degli operatori economici.
I ritardi nei decreti attuativi e la mancanza di un quadro normativo chiaro sono un ostacolo all’implementazione delle riforme. Nel settore dell’energia, ad esempio, si attende ancora un atto unico per la semplificazione autorizzativa sugli impianti di energia rinnovabile. La mancata approvazione nei tempi previsti potrebbe bloccare investimenti strategici e compromettere gli obiettivi di transizione ecologica.
Rallentamenti nelle infrastrutture
Il Pnrr prevede il completamento di 700 km di tratte ferroviarie e la realizzazione di nuove linee metropolitane. Ma burocrazia, ricorsi legali e vincoli ambientali stanno rallentando i progetti. Senza un’accelerazione significativa, molte opere rischiano di essere completate oltre il 2025, con il pericolo di perdere i finanziamenti europei. L’incremento di almeno 1.000 MW di capacità di rete per l’energia rinnovabile e la costruzione del Tyrrhenian Link (514 km di cavi sottomarini) sono due degli obiettivi più ambiziosi del Pnrr. Però le lunghe procedure di approvazione ambientale, la scarsa disponibilità di materiali e la mancanza di manodopera specializzata stanno rallentando i lavori. Il coordinamento tra governo centrale e regioni risulta ancora inefficace, aumentando i rischi di ritardi.
Nel 2025 il Pnrr prevede 2 miliardi di euro per l’apertura di 480 Centrali operative territoriali, il potenziamento della rete ospedaliera; l’avvio di progetti di telemedicina. Ma la carenza di personale sanitario, i tempi lunghi per l’attivazione delle strutture e la mancanza di coordinamento tra le regioni stanno compromettendo l’efficacia delle riforme, mettendo a rischio i fondi stanziati.
Difficoltà nella gestione dei fondi
La spesa di 25,6 miliardi prevista per il 2025 richiede un sistema di gestione e rendicontazione efficiente. Ma emergono problemi nel coordinamento tra Stato e Regioni, con il rischio di ritardi nella spesa e conseguente perdita di fondi e disallineamenti nei dati contabili tra amministrazioni locali e centrali. Il sistema ReGiS, gestito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha già segnalato incongruenze nei dati di spesa programmata ed effettiva.
La Commissione Europea richiede aggiornamenti trimestrali dettagliati, ma il processo di raccolta dati presenta ancora lacune come i disallineamenti tra i dati delle Regioni e quelli comunicati al governo, i tempi lunghi nella verifica degli stati di avanzamento lavori e la difficoltà nell’adeguamento dei sistemi informatici.
L’allarme di Unimpresa
Secondo il Presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, l’Italia è davanti a una prova di maturità istituzionale e politica che non può permettersi di fallire. “Le criticità evidenziate dal nostro studio devono essere considerate un allarme urgente. È il momento di dimostrare capacità decisionale e responsabilità amministrativa. L’Europa ci osserva e valuterà la nostra affidabilità sulla base delle azioni concrete che sapremo mettere in campo”.