Nel 2024, oltre 66.000 persone migranti e rifugiate sono arrivate in Italia attraversando il Mediterraneo centrale, una delle rotte più pericolose al mondo. Tra loro, uno su cinque era un bambino o un adolescente. In particolare, circa 8.000 erano minori stranieri non accompagnati, ossia ragazzi e ragazze arrivati senza genitori o familiari di riferimento. Il viaggio è spesso segnato da pericoli estremi: solo nel 2024, circa 1.700 persone, tra cui molti minorenni, hanno perso la vita o risultano disperse in mare.
Un aiuto concreto per oltre 30.000 bambini e ragazzi
Di fronte a questa situazione, l’UNICEF ha intensificato le sue attività in Italia, raggiungendo più di 30.000 tra bambini, adolescenti e giovani rifugiati e migranti. L’organizzazione si è occupata di garantire protezione, offrire supporto psicologico e promuovere l’inclusione sociale. Tra le iniziative più significative c’è stata l’assistenza a 24.000 minori con programmi specifici per la tutela dei loro diritti, la salute mentale e la prevenzione della violenza. Inoltre, 900 adolescenti sono stati inseriti in famiglie affidatarie o hanno ricevuto il sostegno di un mentore, una figura di riferimento che li aiuta nel loro percorso di crescita e integrazione.
L’importanza della scuola e della formazione
Molti ragazzi arrivano in Italia dopo aver interrotto la scuola per anni o senza conoscere l’italiano. Per questo motivo, l’UNICEF ha avviato programmi dedicati all’istruzione e allo sviluppo delle competenze. Nel 2024, circa 7.000 bambini e adolescenti in situazioni di difficoltà hanno avuto accesso a corsi di lingua, formazione digitale e attività per sviluppare capacità utili nella vita quotidiana e nel mondo del lavoro.
Una rete di sostegno anche attraverso il digitale
In un’epoca in cui internet è un canale fondamentale di comunicazione e informazione, l’UNICEF ha puntato molto anche sul digitale. La piattaforma U-Report On The Move ha permesso a 5.000 nuovi iscritti, tra giovani migranti e rifugiati, di ricevere informazioni sui loro diritti e i servizi disponibili. Complessivamente, questa iniziativa ha raggiunto 18.000 ragazzi. Inoltre, oltre 700.000 persone sono state informate su temi come la prevenzione dei rischi durante il viaggio, l’accesso ai servizi sanitari e i diritti dei minori.
Un’azione condivisa tra istituzioni e associazioni
Il lavoro dell’UNICEF in Italia è stato possibile grazie alla collaborazione con istituzioni come il Ministero dell’Interno, il Ministero dell’Istruzione e il Ministero della Salute. Fondamentale anche il sostegno della Commissione Europea, attraverso il progetto biennale PROTECT, e la sinergia con diverse associazioni, tra cui Save the Children, Refugees Welcome Italia e Terre des Hommes. Insieme, questi partner hanno permesso di ampliare il supporto offerto ai minori migranti, garantendo assistenza nelle aree di sbarco, nelle strutture di accoglienza e nelle scuole.
Uno sguardo al futuro: le sfide del 2025
I primi dati del 2025 indicano che, nonostante un calo generale rispetto a due anni fa, gli arrivi via mare stanno nuovamente aumentando. Nei primi mesi dell’anno, oltre 7.900 persone sono già sbarcate sulle coste italiane. Questo significa che molte altre persone, tra cui bambini e ragazzi, avranno bisogno di protezione e assistenza. L’UNICEF ha fissato obiettivi chiari per il futuro: nel 2025 punta a raggiungere più di 20.000 minori con interventi diretti e 200.000 con attività online, continuando a lavorare per migliorare le condizioni di accoglienza e integrazione in Italia.
Le parole del coordinatore dell’UNICEF in Italia
Nicola Dell’Arciprete, coordinatore del programma in Italia per l’UNICEF Europa e Asia Centrale, ha sottolineato l’importanza di un intervento mirato: “Resto sempre profondamente colpito dalle storie che ascoltiamo ogni giorno: testimonianze di chi ha affrontato il Mediterraneo alla ricerca di un futuro migliore, di chi ha potuto sviluppare il proprio talento grazie alla formazione o di chi ha sperimentato per la prima volta l’accoglienza familiare. Ogni storia conferma che un intervento mirato può fare la differenza. È essenziale trasformare queste esperienze in modelli concreti, ampliandone l’applicazione per costruire un sistema di accoglienza e inclusione più efficace e sostenibile.”