Mentre Donald Trump, tornando a ripetere una minaccia già fatta nelle scorse settimane, dichiarava che se gli ostaggi in mano ad Hamas non verranno liberati entro il suo insediamento, “in Medioriente si scatenerà l’inferno”, il quotidiano libanese Al Akhbar rendeva noto ieri che Hamas fornirà a Israele una lista di ostaggi e la loro ubicazione, inclusa l’esatta posizione di quelli uccisi, in cambio di un cessate il fuoco di otto settimane. Secondo quanto riferito da fonti egiziane al quotidiano, il potenziale accordo formalizzato a Doha consentirebbe un aumento della quantità di aiuti umanitari nella Striscia e la riabilitazione dei suoi sistemi sanitari.
Ma il ministro di estrema destra Itamar Ben-Gvir ha commentato su X che questo sarebbe “una resa completa” per Israele. “Spero davvero che questo rapporto sia errato”, ha aggiunto. Inoltre l’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu ha bollato la notizia come “una bugia completa e un’altra parte della guerra psicologica che Hamas sta cercando di infliggere alle famiglie degli ostaggi e ai cittadini di Israele”. “Israele continuerà a lavorare 24 ore su 24 e instancabilmente per riportare a casa tutti i nostri ostaggi”, ha aggiunto il capo di governo mentre i familiari degli ostaggi protestavano a Tel Aviv sotto la sede del suo partito, il Likud, intonando lo slogan: “Ponete fine alla guerra. Subito l’accordo per gli ostaggi”.
Israele offre “3 ostaggi liberi a settimana”
Lo stesso giorno la controproposta israeliana è stata rivelata per la prima volta durante il notiziario serale della tv pubblica Kan. Il documento prevede il ritiro dell’esercito dal corridoio Netzarim nel centro di Gaza, lo smantellamento degli avamposti militari nella Striscia, aiuti umanitari. “Il primo giorno rilascio di 3 rapiti, il settimo altri 4 e successivamente 3 ostaggi ogni 7 giorni. Israele, su raccomandazione del gruppo negoziale, pretende la lista dei rapiti prima dell’attuazione dell’accordo”.
Al-Jolani vedrà Erdogan in Turchia
Il nuovo leader della Siria, Ahmed al-Sharaa, noto come al-Jolani, ha in programma di recarsi in Turchia per incontrare Recep Tayyip Erdogan, nel suo primo viaggio all’estero. al-Sharaa avrebbe dovuto recarsi ad Ankara già nei giorni scorsi ma il viaggio è stato rimandato. Non è nota la data ufficiale della visita, ma si tratta di un passo diplomatico importante nel contesto ad alta tensione del nord-est del paese. Nei giorni scorsi il governo di Ankara ha ribadito che la presenza dell’organizzazione separatista curda Ypg in Siria non sarà tollerata, e ieri le milizie filo-turche dell’Esercito libero siriano hanno preparato carri armati e artiglieria intorno alla città di Kobane. Proseguono anche gli scontri nella provincia di Manbij, dove i morti tra le due fazioni sono più di 100, in base a quanto reso noto dall’Osservatorio siriano per i diritti umani con sede a Londra.
La Francia apre a revoca di sanzioni
Il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, dopo altri omologhi occidentali tra cui gli stessi Usa, ha annunciato che alcune sanzioni adottate dalla Francia contro la Siria di Bashar al-Assad ”potrebbero essere revocate rapidamente”. Parlando ai microfoni di radio France inter ha spiegato che alcune sanzioni “oggi ostacolano l’accesso all’aiuto umanitario, che impediscono il rilancio del Paese”. Secondo fonti diplomatiche a Berlino, anche la Germania è favorevole ad un alleggerimento di alcune sanzioni europee contro la Siria.
Israele non lascerà il sud del Libano
In Libano, intanto, il piano israeliano sostenuto dagli Stati Uniti prevede un ritiro israeliano entro il 27 gennaio, come previsto dagli accordi di cessate il fuoco dello scorso 27 novembre. Questo ritiro avverrà in tre fasi: entro il 17 gennaio dal settore ovest, entro il 22 dal settore centrale ed entro il 27 dal settore orientale. Tuttavia l’inviato speciale Usa, Amos Hochstein ha riferito alle autorità libanesi che le forze armate israeliane manterranno una presenza militare in territorio libanese su tre colline in territorio libanese a ridosso della linea blu di demarcazione tra i due paesi. Così facendo Israele manterrà la sua capacità di dominare le valli e gli anfratti a sud del fiume Litani, nella profondità del territorio libanese.