Il trasporto pubblico locale è un driver di crescita che in Italia genera un fatturato di circa 12 miliardi di euro all’anno, con oltre 5,5 miliardi di passeggeri trasportati e occupa oltre 124.000 addetti. Un settore strategico in grado di creare valore per i territori e sviluppi economico e occupazionale di grande portata. In questo contesto si registra però un potenziale inespresso perché circa l’85 per cento degli italiani ancora oggi utilizza il mezzo privato. Questa scelta ha un naturale riverbero sulla congestione delle città e sul costo sociale per gli incidenti stradali che in Italia è di circa 18 miliardi euro all’anno (0,9 per cento del Pil) a cui si aggiungono i costi sociali per l’inquinamento che ammontano a 1.400 euro per ogni cittadino, equivalente a circa il 5% del Pil.
Finanziamenti pubblici
Su come invertire la tendenza e ottimizzare i finanziamenti pubblici e arrivare alla quota modale del 10 per cento entro i prossimi 6 anni, il comparto si confronta ormai da anni ma senza trovare una risposta strutturale. Se da un lato, infatti, gli investimenti per il rinnovo del parco circolante sono tangibili (per la prima volta in Italia l’età media del parco bus è al di sotto dei 10 anni), dall’altro gli investimenti sul servizio sono ancora insufficienti soprattutto in questo contesto. Secondo le associazioni di categoria, Agens, Anav e Asstraa, che lo spiegano in un comunicato congiunto, “la spinta inflattiva, il caro energetico, il calo strutturale della domanda (meno 15% rispetto al 2019), l’aumento dei costi di gestione dei mezzi a emissione zero e la carenza di autisti sono infatti tutti elementi che frenano lo sviluppo del comparto e penalizzano l’equilibrio economico delle aziende del settore.”
Lo studio del PoliMi
Uno studio del Politecnico di Milano, condotto dal professor Pierluigi Coppola, rivela che l’obiettivo del meno 10% di traffico automobilistico al 2026 a favore del trasporto pubblico appare al momento “irraggiungibile”. Inoltre si stima che tra il 2020 e il 2022 il Trasporto pubblico locale (Tpl) abbia sopportato perdite per 4,7 miliardi di euro (compensate con ristori statali per 3,2 miliardi), che hanno comunque creato uno sbilancio di 1,5 miliardi di euro. Poi, appunto, l’incidenza dell’inflazione, del prezzo del metano per autotrazione, più che raddoppiato con punte di aumento del 170%, mentre il costo dell’energia elettrica è cresciuto dell080%. Infine, sono anche da considerare gli aggravi di costi operativi di gestione delle infrastrutture tramviarie o ferroviarie che pure sono state attese per anni; sono previste la realizzazione di 113 chilometri di nuove linee metropolitane e 300 chilometri di linee tramviarie (per un totale di 413 km), i costi di investimento per la gestione delle nuove linee accendono per le aziende – secondo lo studio – a circa 18 milioni di euro.
Sbilancio pesante
Le associazioni del comparto ritengono che il quadro finanziario del trasporto pubblico nazionale è “preoccupante.” C’è uno sbilancio di 1,7 miliardi che non solo mette in allarme l’intero settore ma rischia di “non far centrare l’obiettivo indicato dal Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima,” che indica uno shift modale, dalla mobilità privata a quella collettiva, del 10%. Lo sbilancio finanziario è dovuto sia alla carenza annuale del Fondo nazionale di finanziamento del Tpl, si tratta di quasi 800 milioni di euro, sia alle risorse che servirebbero a far fronte ai futuri costi di rinnovo del CCNL di categoria, scaduto nel 2023, e che le organizzazioni sindacali hanno quantificato in circa 900 milioni di euro aggiuntivi a regime. “Il sistema industriale del tpl – concludono le associazioni delle imprese – non può reggere senza una revisione del quadro delle risorse funzionali. Il rischio è una crescente riduzione dell’offerta che andrà a scoraggiare la domanda di mobilità pubblica, allontanando così il Paese dagli obiettivi di sostenibilità ambientale e di crescita economica”.