domenica, 10 Novembre, 2024
Agroalimentare

Cereali, Cia agricoltori: “Import minaccia Made in Italy”

“La massiccia importazione di frumento da Paesi come Turchia, Russia e Ucraina, rappresenta un’ulteriore e seria minaccia per le produzioni Made in Italy. Crollano i prezzi all’origine e le semine nazionali sono al minimo storico. Serve maggiore trasparenza sui mercati e il riconoscimento dei costi ai cerealicoltori”. Così Cia-Agricoltori Italiani, ricordando le richieste già avanzate al Governo e sempre più in allarme per le sorti di un settore già costretto a lavorare in perdita e senza strumenti adeguati a uscire dalla crisi. “L’Italia importa il 40% del fabbisogno di grano duro, il 65% di tenero e il 55% del mais. Eppure, nonostante la carenza di prodotto nazionale e la continua richiesta da parte dei consumatori di prodotti 100% italiani, le quotazioni dei maggiori cereali sono sempre più mortificanti per gli agricoltori. Oggi, considerando le ultime quotazioni sul grano duro pari a circa 34 euro al quintale e le rese degli agricoltori di circa 30 quintali a ettaro, si arriva di fatto a una produzione lorda vendibile di 1.100 euro a ettaro, ma con costi di produzione di gran lunga superiori ai 1.400 euro a ettaro”, precisa Cia.

Superfici coltivate in calo

“Non solo, i primi dati sulle nuove semine segnalano un preoccupante calo delle superfici coltivate a grano duro di circa 130 mila ettari. Anche a causa dei cambiamenti climatici, si prospettare per il Paese un raccolto tra i più bassi di sempre. E la situazione non è differente per il grano tenero e il mais”. Per il presidente di Cia, Cristiano Fini, “non è pensabile andare avanti senza politiche di contenimento da parte dell’Europa. Le aziende stanno abbandonando le colture. Le istituzioni tutte agiscano rapidamente, il Governo ci dia risposte immediate rispetto alle istanze presentate da troppo tempo, con un documento concreto di proposte, una mobilitazione in piazza e una petizione online salva-grano Made in Italy, che supera le 75 mila firme. Non si trascurino ancora i rischi economici, sociali e ambientali di questa crisi, non solo per il comparto cerealicolo, ma per l’intero Paese”.

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