Il 30,7 % delle aziende che stanno investendo in attività formative nel triennio 2022-2024 conta di superare già quest’anno i livelli produttivi pre-Covid, contro il 12,3% di quelle che non lo faranno. È quanto emerge da un’indagine del Centro Studi Tagliacarne su un campione di 4.000 imprese tra i 5 e i 499 addetti del settore manifatturiero e dei servizi. L’effetto “capitale umano” risulta ancora più determinante per migliorare i risultati degli investimenti realizzati nella duplice transizione: il 46,5% delle aziende che stanno accompagnando gli investimenti in digitale e green con quelli formativi prevede di migliorare nel 2023 i risultati produttivi conseguiti nel 2019, contro il 21% di quelle che pur avendo imboccato la strada della duplice transizione non hanno pianificato alcuna attività di formazione. Ma nel triennio 2022-2024 è diminuita la quota delle imprese che puntano a formare le proprie risorse umane rispetto al triennio pre-Covid (75,2% contro il 78,6% del 2017-2019). “L’atteggiamento delle imprese sui temi della crescita del capitale umano si è molto evoluto. Fino a pochi anni fa le aziende, in particolare quelle più piccole, non consideravano questo un elemento centrale per lo sviluppo e la formazione era più che altro relegata ad aspetti connessi al funzionamento degli impianti”, ha sottolineato il direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito. “L’adozione delle tecnologie 4.0 e green ha invece fatto emergere la stretta complementarità tra crescita del capitale umano e politiche di investimento, in particolare per quanto riguarda le implicazioni di ordine organizzativo aziendale”, ha aggiunto. Nel complesso, il 75,2% delle imprese realizzerà almeno un’attività di formazione tra il 2022 e il 2024. Una quota che sale al 79,3% nel caso delle imprese guidate da giovani. Mentre scende al 73% nel caso delle aziende femminili. Più sensibili sulla formazione, inoltre, appaiono le attività imprenditoriali del Mezzogiorno e del Nord-est (entrambi al 77%) rispetto al resto del Paese. Tra le diverse tipologie di investimenti formativi programmati dalle imprese entro il 2024 quelle più gettonate sono finalizzate a potenziare le competenze tecnico-professionali del personale, cosiddette up-skilling (96,9%). Seguono le attività di re-skilling, cioè a dire di formazione su nuove competenze tecnico-operative (81%), di intrapreneurship per aumentare la responsabilizzazione e la capacità di iniziativa, di innovazioni di processo e di prodotto (58,2%) e di formazione manageriale per lo sviluppo di nuovi modelli di business (47,1%). E proprio quest’ultima tipologia formativa sembra avere un maggiore impatto sulle aspettative di crescita delle aziende: il 31,8% delle imprese che fanno formazione manageriale prevede di superare i livelli pre-Covid nel 2023, contro il 22,2% di chi non la sceglie.