sabato, 23 Novembre, 2024
Economia

Tassi alti? Recessione in vista

Se le scelte di politica economica della Bce sembrano obbligate ed, anzi, si profilano altri inasprimenti dei tassi, volti a contrastare le pressioni inflazionistiche, più variegate sono le posizioni, in ordine ai tempi e la dimensione degli interventi. La Bce ed, in particolare, Christine Lagarde ed i governatori delle banche centrali dei paesi del nord Europa come è noto, temono che il processo inflattivo, già in corso, possa ulteriormente aggravarsi: da qui la decisione di aumentare i tassi di interesse ed, eventualmente, inasprirli in futuro.

La presidente della Bce non dà molta importanza all’eventualità che tale politica economica determini l’inizio di un ciclo recessivo, tenuto conto che ella ritiene che l’innescarsi di una recessione tra la fine del 2022 e l’inizio de 2023 non sarebbe sufficiente a placare il processo inflazionistico in corso.

Fabio Panetta, che è membro del Comitato esecutivo della Bce, ha avanzato il timore che il rialzo eccessivo dei tassi possa determinare una volatilità dei mercati ed una compressione delle attività economiche. Su posizioni analoghe, il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che giorni fa ha insistito sull’esigenza di trovare un punto di equilibrio soddisfacente tra il rischio di un prolungamento del processo inflazionistico e le prospettive, nel medio periodo, di deterioramento delle condizioni economiche, che potrebbero incidere, negativamente, sulla stabilità dei prezzi.

Se, dunque, tendenzialmente esiste tra i membri del Consiglio un accordo sull’esigenza di inasprire i tassi, non esiste un’unanimità di vedute, in ordine all’entità ed ai tempi di realizzazione di tale manovra di politica economica. Giustamente, quindi, Fabio Panetta ha posto in luce come l’attuazione della politica economica si trovi, al momento attuale, di fronte ad un trade-off di difficile soluzione.

I processi inflazionisti creano problemi sociali: la lievitazione dei prezzi nuoce alle categorie a reddito fisso. Ma l’inasprimento dei tassi di interesse, deprimendo la domanda per beni di consumo, incide sulle attività produttive. E questo determina un aumento della disoccupazione, con tutto quello che ne consegue sul piano sociale. La politica monetaria disinnesca i processi inflazionistici: se le imprese non investono più e, dunque, non creano nuova occupazione, ne consegue che la propensione marginale al consumo dei lavoratori diminuisca. La diminuzione della domanda per beni di investimento calmiererà i prezzi di tali beni, così come la diminuzione della domanda per beni di consumo calmiererà i prezzi di tali beni. La dinamica generale dei prezzi dovrebbe subire un depotenziamento, con la conseguenza che, in teoria, l’inflazione dovrebbe subire un considerevole decremento. Ma ciò accade quando l’inflazione è determinata da un eccesso di domanda, circostanza che non sembra ricorrere al momento attuale, in cui la lievitazione dei prezzi sembra, più che altro, imputabile al conflitto russo-ucraino ed alla conseguente lievitazione dei prezzi dei prodotto energetici.

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