lunedì, 23 Dicembre, 2024
Attualità

L’estremismo delle identità tarlo della democrazia USA

Negli Stati Uniti si sta compiendo un suicidio culturale. Nelle scuole, dalle medie alle università Ivy League, si diffonde una nuova propaganda ideologica.

In un’America che sta finalmente facendo i conti con le atrocità del razzismo nel proprio recente passato, si sta rapidamente passando da un estremo all’altro. Le immagini del Presidente Biden che fa visita a Tulsa, città teatro del massacro di trecento afroamericani nel 1921, sono un segnale forte e lodevole. Un tentativo di cicatrizzare una ferita non ancora rimarginata.

ESAGERAZIONE DEL POLITICAMENTE CORRETTO

La diffusione del fenomeno di identity politics sta seriamente minando questo processo di riconciliazione. Comincia a soffiare un vento di autoritarismo e intolleranza: non importa cosa si dice, ma chi lo dice.

Tutto ebbe inizio nelle facoltà delle discipline umanistiche, dove all’incirca dieci anni fa, cominciò a cementarsi tra i professori l’idea che il politically correct dovesse essere la nuova egemonia culturale.

 

AUTOCENSURA IN AGGUATO

L’effetto pratico di questo atteggiamento è di creare un regime di ‘paura di offendere’ per aver espresso le proprie opinioni, e di costante autocensura per paura di urtare le sensibilità di altri. Negli anni questa idea si consolida in ideologia, trovando sponde nella sinistra politica più radicale. Comincia così un dialogo letale tra movimenti politici e mondo accademico, l’uno a sostegno dell’altro; le università sfornano attivisti invece di cittadini, e la politica si nutre di teorie identitarie e razziali per usarle a fini elettorali.

 

LA TENDENZA AL GREGGE

L’ideologia in questione non risponde ad un unico nome. Si può parlare di politically correct, identity politics, giustizia sociale, critical race theory (teoria critica della razza), e tanti altri appellativi che sostanzialmente indicano un collettivismo autoritario piuttosto eterogeneo. Una visione per cui l’individuo in quanto tale non vale nulla, conta solo la sua appartenenza ad un gruppo, sociale, razziale, di genere, di classe, politico che sia.

 

L’INSEGNANTE DI MAHATTAN

Paul Rossi, insegnante, poi licenziato, dal liceo Grace Church di Manhattan, ha denunciato: “La mia scuola induce gli studenti attraverso la vergogna e la calunnia a identificarsi principalmente con la loro razza prima ancora che le loro identità individuali siano completamente formate”

Yeonmi Park, fuggita a 7 anni dalla fame e dalla brutale repressione del regime Nord Coreano, vissuta in schiavitù in Cina, e finalmente libera, ha realizzato il suo sogno di studiare in un’università americana. “In questi quattro anni ho dovuto reimparare a censurarmi” afferma Park e racconta che i professori solevano inviare prima delle lezioni agli studenti una e-mail agli studenti in cui erano elencati gli argomenti che si sarebbero trattati che avrebbero potuto offendere o urtare la sensibilità dei partecipanti – un trigger-warning come dicono in inglese.

Morale. C’è bisogno di una piccola rivoluzione culturale (concedetemi l’ironia), una lotta graduale e costante a difesa delle libertà. Una libertà di parola e un pluralismo di opinioni che sotto diverse forme sono sempre sotto attacco, e sempre lo saranno.

 

 

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