sabato, 16 Novembre, 2024
Cultura

Per i 700 anni dalla morte di Dante, l’Inferno “agghiacciante e indelebile”

VERONA – Per il 700 anni dalla morte di Dante, l’Inferno “agghiacciante e indelebile” di Michael Mazur torna al Museo di Castelvecchio, vent’anni dopo la “prima”.

Giusto vent’anni fa, lo statunitense Michael Mazur, tra i più originali incisori del recente Novecento, espose la sua interpretazione dell’Inferno dantesco nelle sale di Castelvecchio. Oggi, in concomitanza con il Settimo Centenario della morte del Poeta, viene mostrato il nucleo delle opere in una mostra monografica che si potrà visitare dall’8 marzo al 3 ottobre. Sarà così possibile ammirare la collezione delle 41 stampe che lo stesso artista decise, dopo quella prima esposizione, di donare al Gabinetto Disegni e Stampe del Museo di Castelvecchio.

In questa potente sequenza di opere, Mazur illustra il viaggio di Dante con sconvolgente forza. La sua è una interpretazione “agghiacciante ed indelebile”, decisamente originale e intimamente sentita. Piuttosto che usare la consueta raffigurazione del poeta e della sua guida, infatti, Mazur descrive in prima persona il viaggio all’interno dei gironi infernali e annota: “l’artista, come nostro Virgilio, vede ciò che Dante ha visto”. Ad emergere da questa esperienza è un audace confronto tra un grande interprete contemporaneo e l’immaginario medievale.

Alle sue opere, nella mostra scaligera, vengono affiancati brani della celebratissima traduzione inglese del testo di Dante realizzata dal “poeta laureato” Robert Pinsky.

“Prosegue – sottolinea l’assessore alla Cultura Francesca Briani –, in un susseguirsi di appuntamenti di pregio, l’ampio e articolato calendario di iniziative dedicate al Sommo Poeta e alla sua presenza nella città scaligera. Vent’anni dopo la ‘prima’ esposizione, l’Inferno di Michael Mazur torna al Museo di Castelvecchio, in una mostra coinvolgente e di particolare fascino. Ad affiancare le opere, i brani del testo dantesco, tratti da una famosa traduzione del critico statunitense Pinsky, che arricchisco il già appassionante viaggio artistico di Mazur”.

L’opera. Mazur ha realizzato le sue incisioni ricorrendo alla tecnica del monotipo (stampa unica) e dell’acquaforte, alle cui possibilità espressive, dai neri vellutati ai bianchi puri risparmiati sul foglio, l’artista ha affidato quella che non solo è la traduzione figurativa di un testo letterario così noto ed evocativo, ma, insieme, la rivisitazione autonoma ed attualissima di un repertorio di temi fortemente legato alla tradizione e sui quali si sono misurati, nei secoli, molti grandi artisti.

La tematica infernale non era nuova a Mazur. Egli ne era infatti fortemente affascinato. Aveva iniziato a confrontarsi con l’Inferno già agli inizi degli anni Novanta del Novecento, quando realizzò una prima serie di monotipi per illustrare la fortunata nuova traduzione inglese del testo dantesco ad opera, appunto, di Robert Pinsky. Un’elaborazione che lo ha poi gradualmente condotto ad approfondire l’intera Cantica, completandone l’interpretazione attraverso le potenti opere esposte in questa mostra.

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