Non sappiamo se e quando ci saranno elezioni politiche anticipate. Le crisi di governo in Italia hanno sempre percorsi imprevedibili. La fantasia non manca e gli attori in campo sono tanti.
La Lega vuole andare subito al voto per tradurre in seggi del Parlamento nazionale il risultato riportato a maggio nelle elezioni europee. Stando ai calcoli di vari sondaggisti Salvini potrebbe da solo sfiorare la maggioranza assoluta sia alla Camera che al Senato e, con l’alleanza con fratelli d’Italia questo risultato sarebbe matematicamente certo.
Salvini ha il vento in poppa e qualunque cosa oggi dica o faccia ha un’onda lunga a suo favore. Il Movimento 5 Stelle teme le elezioni perché, stando ai sondaggi, si dimezzerebbe e diventerebbe il terzo partito.Un anno fa era il primo. Aggrapparsi alla riforma costituzionale che taglia 350 seggi in Parlamento è una battaglia per loro giusta, ma in questa fase poco produttiva: se anche incassassero questo risultato, le elezioni verrebbero solo spostate di qualche mese, forse alla prossima primavera, troppo poco per recuperare il consenso dilapidato in un anno. E con la riduzione dei seggi da loro proposta, il Movimento di Di Maio perderebbe il 70% dei parlamentari attuali.
Il Pd, tanto per cambiare, è diviso: Zingaretti vorrebbe ricambiare deputati e senatori attuali che rispondono in gran parte all’area di Renzi, e quindi vorrebbe un ritorno al voto il prima possibile. Renzi, ovviamente, sa che le prossime liste elettorali non sanno fatte da lui ma da Zingaretti e quindi vuole mantenere questo Parlamento il più a lungo possibile.
Berlusconi vorrebbe poter condizionare Salvini facendo un’alleanza elettorale con lui, e tentando di attutire le asprezze della interpretazione salviniana di quello che fu il centro destra e oggi è solo destra. Impresa difficile, forse disperata.
Il Presidente della Repubblica non deve assecondare i calcoli dei partiti ma pensare a ciò che è bene per il Paese. Mattarella è giustamente preoccupato di evitare all’Italia una situazione pericolosa: trovarsi a fine Novembre senza una proposta di legge di Bilancio, col rischio di dover ricorrere all’esercito provvisorio con l’automatico aumento dell’IVA. Per evitare questo rischio serve avere un governo nella pienezza dei poteri il prima possibile e con idee chiare sul da farsi e, possibilmente, in un clima di intesa e non di scontro con l’Europa.
L’Italia, dopo le politiche del governo giallo-verde (quota 100 e reddito di cittadinanza), ha un equilibrio dei conti precario. L’Europa è stata comprensiva, ha evitato di aprire una procedura di infrazione, si attende di poter dialogare con un governo che non abbia come obiettivo lo sforamento dei parametri di bilancio.
Se l’Italia esprimesse un Governo con posizioni equilibrate e non massimaliste, con un orientamento costruttivo vero l’Europa e non sempre polemico e aggressivo, potrebbe beneficiare di una congiuntura, paradossalmente, favorevole. La grave crisi che ha colpito la Germania, con una netta recessione, obbligherà i governanti di Berlino ad abbandonare la politica dell’austerità e li costringerà ad allargare i cordoni della borsa. Cristine Lagarde alla BCE continuerà la politica espansiva di Draghi e forse dovrà anche intensificarla, alla luce della ghiera dei tassi al ribasso scatenata da Cina e Stati Uniti.
L’Italia potrebbe inserirsi in questo scenario: impegnandosi per serie politiche di investimenti produttivi e tagli alle inefficienze della spesa corrente potrebbe ottenere una elasticità nei conti e quindi rilanciare l’occupazione e la domanda interna. Ma per fare tutto questo serve un governo credibile che veda l’Europa come amica e non nemica e che nei toni e nella sostanza sappia dialogare con le istituzioni europee e che possa durare almeno 2-3 anni e non solo pochi mesi. Il fatto che la neo presidente della Commissione sia stata votata dal Movimento 5 stelle e non dalla Lega segna un preciso spartiacque di cui il Presidente della Repubblica non potrà non tener conto.