venerdì, 29 Marzo, 2024
Politica

Il rapporto Stato-Regioni: un fallimento

Non funziona e va cambiato. E questa è una priorità assoluta. Inutile nascondersi dietro un dito o ricorrere ad espressioni diplomatiche. La pandemia è stato uno “stress test” cruciale per i rapporti, i poteri e le responsabilità tra lo Stato centrale e le Regioni. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: un colossale fallimento che disperde risorse, rallenta e complica le decisioni, provoca conflitti, alimenta la fuga dalle responsabilità, disorienta l’opinione pubblica e non produce risultati né efficienti né efficaci.

Non era questa l’intenzione dei Padri della Repubblica che introdussero le Regioni nella Costituzione. Non si può dire che avessero le idee chiare sulle Regioni coloro che nel 1970 si batterono per dare attuazione alla Costituzione istituendo le Regioni a statuto ordinario senza rivedere l’assetto complessivo deli Enti locali. Ancor meno chiare erano le vedute di quanti, nella sinistra, in fretta e furia, promossero la legge costituzionale n.3 del 2001, entrata in vigore dopo il referendum confermativo.

La famosa riforma del Titolo V, che ha attribuito alle Regioni competenze enormi, fu varata nel tentativo di dare, da sinistra, una risposta alle pressioni per il federalismo che la Lega di Bossi aveva imposto al centro-destra di Berlusconi. Fu approvata in quarta lettura l’8 marzo di quell’anno, due mesi prima delle elezioni politiche del 13 maggio ma non riuscì ad evitare la schiacciante vittoria del centro-destra che conquistò il 49,56% dei voti alla Camera.

Sono passati due decenni ed è ormai opinione ampiamente condivisa che l’attuale distribuzione dei poteri tra Stato e Regioni è sbagliata. Il principale motivo riguarda la cosiddetta “legislazione concorrente”, prevista dall’art.117, che investe settori rilevanti della vita collettiva e che ha generato oltre 1800 controversie tra Stato e Regioni, passate al giudizio della Corte Costituzionale.

Se si pensa, poi, che le Regioni hanno un potere enorme nell’attuazione del diritto alla salute, che è definito “fondamentale” della Costituzione, si capisce quanto sia squinternata questa attribuzione di poteri. Abbiamo già spiegato sulla Discussione perché la grande disparità di trattamento che la sanità regionalizzata riserva ai cittadini italiani è contraria allo spirito e alla lettera della nostra Carta che esige per tutti i cittadini la garanzia del rispetto del diritto alla salute. Quello della sanità, però, è solo il caso più eclatante della confusione dei poteri tra Stato e Regioni: su molte altre materie la musica è la stessa.

Le Regioni non sono percepite dai cittadini nella loro reale dimensione di poteri e responsabilità. Se un ospedale funziona male la reazione istintiva di chi ne subisce le conseguenze è quella di prendersela col Governo centrale, col Ministro della Salute di cui conosce nome e cognome, non certo con l’Assessore alla Sanità della propria Regione che non sa neanche come si chiama e che da solo amministra circa il 70% del bilancio della sua Regione.

Questa distorta percezione dei poteri finisce per incentivare la fuga dalla responsabilità degli amministratori regionali, ormai esperti nello scaricare sullo Stato centrale pesi che invece gravano sulle loro spalle.

La riforma costituzionale voluta da Renzi aveva cercato di fare un po’ di luce in questa selva oscura di poteri confusi, ma si sa com’è andata a finire. Quando sarà passata la tempesta del virus, una classe politica dignitosa dovrebbe porre all’ordine del giorno con urgenza la modifica radicale dell’art.117 per attribuire poteri e responsabilità precise evitando la legislazione concorrente che genera lo scaricabarile, particolarmente indecente in questi di gestione della pandemia. L’Italia non è una repubblica federale, non dobbiamo scimmiottare la Germania o gli Stati Uniti. Le Regioni abbiano poteri precisi su materie nelle quali la specificità locale è determinante. Lo Stato legiferi su diritti sanciti dalla Costituzioni e su materie di rilevanza strategica per il Paese.

L’Imperatore Augusto, che divise l’Italia in 11 regioni, si rivolta nel suo mausoleo, nel centro di Roma, di fronte allo spettacolo offerto dalla confusione di poteri dell’Italia di 2000 anni dopo…

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