venerdì, 15 Novembre, 2024
Economia

Fondi agli apicoltori. L’UCI: aiuti per un settore in difficoltà. Risarcire i produttori e arginare la morte delle api minacciate dall’inquinamento

L’abbiamo letto, visto e temuto: la moria delle api è un annuncio di pericoli per la natura, per l’ecosistema e per l’uomo, così tutto ciò che arriva a sostegno delle api e degli apicoltori è un bene. A dare notizia, una buona notizia, della ripartizione dei “fondi apistici”, relativi al sottoprogramma Mipaaf 2020-2021, per un totale di 795.000 euro, è l’Unione coltivatori italiani (Uci) che spiega come gli incentivi renderanno possibili interventi di assistenza tecnica, lotta contro le malattie, miglioramento dei laboratori, sostegno del ripopolamento del patrimonio apicolo, monitoraggio del mercato. L’erogazione dei fondi ricade nel quadro del “Programma triennale per il miglioramento della produzione e commercializzazione dei prodotti dell’apicoltura”, programma nazionale che può contare su un budget complessivo di oltre 7 milioni di euro per l’anno apistico 2020/2021.

Si tratta di risorse importanti previste dall’Ocm a sostegno del settore apistico, cui si andranno ad aggiungere i 2 milioni stanziati a livello nazionale per il finanziamento di progetti innovativi finalizzati al miglioramento della qualità, alla gestione del rischio e alla promozione.

“Una boccata d’ossigeno”, si fa presente in una nota dell’Unione coltivatori italiani, “per un settore che sconta un brutto momento pur rimanendo strategico per il Paese. Settore complesso e variegato, l’apicoltura italiana conta, secondo l’ultima edizione dell’Annuario Crea, circa 57 mila apicoltori, professionisti e non (1/3 circa sono i professionisti), con circa 1 milione 400 mila alveari (quasi 1 milione quelli gestiti da apicoltori professionisti) dislocati in tutte le regioni italiane”. L’UCI elenca anche la graduatoria delle regioni che vede al primo posto il Piemonte con oltre 206 mila alveari, seguito dalla Lombardia con oltre 151 mila alveari.

La notizia degli aiuti è confortante, rispetto ad altre che preoccupano. Ogni giorno si registrano notizie di morie come quella della scorsa settimana con il record negativo di quattro milioni di api morte in soli due giorni, una morìa avvenuta in una fascia di territorio di circa 6 chilometri, tra Brescia e Cremona. Non è ancora chiara la causa: indagano il Corpo Forestale e l’Ats di Brescia e Cremona, che hanno prelevato campioni di api e di miele. Le associazioni di categoria parlano di una vera e propria catastrofe vista l’importanza di questi insetti impollinatori così rilevanti per la biodiversità e la produzione di alimenti di origine vegetale.

Più in generale la morte delle api è un fenomeno che si registra in tutto il mondo. Le spiegazioni sono diverse, una ricerca coordinata dall’Istituto di apicoltura dell’Università di Berna ha messo in evidenza aumenti dal 5% – 10% al 25% – 40% nelle morti invernali delle api e crescenti morie durante il periodo primavera-estate. Una specie su dieci di api e farfalle europee è minacciata di estinzione e una specie su tre vede la propria popolazione in declino. Tra le cause inquinamento, l’uso di veleni e antiparassitari dispersi nell’aria, le concentrazioni chimiche che si depositano sulle piante e fiori.

Mentre la natura ha un disperato bisogno di api che quasi il 90% delle piante selvatiche da fiore ha necessita di impollinatori per riprodursi: api, vespe, farfalle, coccinelle, ragni, rettili, uccelli. In generale, una singola ape visita in media circa 7 mila fiori al giorno e ci vogliono 4 milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Tre colture alimentari su quattro, secondo la Fao, ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni; dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api.

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