lunedì, 1 Luglio, 2024
Società

Confesercenti: nei primi tre mesi del 2024 spariti più di quattro negozi all’ora

Un’ondata di chiusure senza precedenti ha colpito il settore del commercio al dettaglio in Italia nei primi tre mesi del 2024, con quasi diecimila imprese sparite dalla scena, una media di oltre quattro negozi in meno ogni ora. Questa drammatica contrazione del commercio fisico corrisponde a una crescita inarrestabile degli acquisti online, stimata in un +13% per il 2024, con oltre 734 milioni di spedizioni previste entro l’anno, equivalenti a quasi 84mila pacchi consegnati ogni ora. La Confesercenti, attraverso un rapporto, lancia l’allarme sullo stato del settore. La migrazione dei consumi verso le piattaforme di eCommerce, spesso basate all’estero, ha comportato una significativa perdita di gettito fiscale per l’Italia. Dal 2014 a oggi, la chiusura dei negozi ha privato il fisco italiano di oltre 5,2 miliardi di euro in tasse. Nel dettaglio, nei primi tre mesi del 2024 il comparto del commercio al dettaglio ha registrato la scomparsa di 9.828 imprese, circa mille unità in più dello stesso periodo dello scorso anno. A pesare le chiusure – 17.243 tra gennaio e marzo – ma soprattutto la frenata della natalità delle imprese. Le aperture di nuove attività continuano infatti a diminuire, e nel primo trimestre di quest’anno sono state solo 7.415: dieci anni fa erano più del doppio. A pesare le difficoltà per le neoimprese di affrontare un mercato sempre più dominato da grandi gruppi e giganti dell’online.

Le regioni e desertificazione commerciale. La desertificazione delle attività commerciali colpisce tutto il territorio nazionale, anche se a registrare i saldi peggiori sono le regioni con un tessuto commerciale più sviluppato. In termini assoluti, a subire la perdita più rilevante di imprese è la Campania, con un saldo negativo di -1.225 attività commerciali nel trimestre; seguono Lombardia (-1.154) e Lazio (-1.063).

Meno vetrine

Tra chiusure e mancate aperture, il numero di negozi di vicinato al servizio della comunità è calato, rispetto al 2012, del -14,3% circa. In media, ci sono 12 imprese ogni mille abitanti. Se le vetrine scompaiono – e con loro il servizio sul territorio per i cittadini – le consegne di acquisti online, invece, fanno boom. Secondo le nostre stime, infatti, in poco più dieci anni sono cresciute di quasi dieci volte: erano 75milioni circa nel 2013, quest’anno dovrebbero arrivare a 734 milioni a livello nazionale, di cui oltre un terzo nelle tre regioni più interessate: Lombardia (oltre 124 milioni di consegne in tutto), Lazio (71 milioni circa) e Campania (69,6 milioni).

Con la riduzione dei negozi, si riduce anche la base imponibile per il fisco. Secondo le stime di Confesercenti, dal 2014 ad oggi il tessuto commerciale italiano ha perso oltre 92mila imprese. E con loro, l’Irpef, la tari, e gli altri tributi – dall’occupazione suolo pubblico alla pubblicità – solitamente pagati dai negozi. In media, la desertificazione commerciale ha portato ad una perdita cumulata di 5,2 miliardi di euro di tasse negli ultimi dieci anni. A perderci, fisco centrale ed enti locali: del gettito sfumato, infatti, il 17,4% -910 milioni – sarebbe stato di IMU, il 12,6% – o 660 milioni di euro – di TARI, il 42,7% (2,24 miliardi) di Irpef, cui si aggiungono 223 milioni (il 4,3%) di addizionale regionale e comunale Irpef, 700 milioni di euro di Irap (il 13,4%) e infine 510 milioni di euro di altri tributi comunali (9,7% del totale).

Parla De Luise

“Le piattaforme dell’online sono una fantastica riproduzione delle vetrine commerciali, dove si può trovare e comprare di tutto, ed è un’opportunità che sempre più persone utilizzano per fare le proprie scelte di acquisto”, spiega Patrizia De Luise, Presidente nazionale di Confesercenti. “Un cambiamento delle abitudini di consumo che sta cambiando profondamente anche la morfologia delle nostre città e non solo. Ed è proprio su questo ‘non solo’ – cioè sugli impatti su ricchezza, occupazione e fisco locali – che vogliamo accendere un faro. Non per dare giudizi, ma per analizzare e riflettere sugli effetti collaterali ‘di sistema’ dello spostamento degli acquisti dalle strade alla rete. Le imprese sul territorio, infatti, svolgono un ruolo cruciale non solo nell’economia, ma anche nel tessuto sociale: creano ricchezza e occupazione, permettono ai cittadini di accedere facilmente ai servizi e contribuiscono alle finanze locali attraverso il pagamento di tasse e imposte. In questo contesto, emerge dunque la necessità impellente di sviluppare una nuova politica europea che possa fornire strumenti adeguati e sostegno alle imprese del territorio, mirata a creare un ambiente più equo e competitivo, garantendo pari condizioni fiscali e il rispetto delle norme poste a tutela della concorrenza. La politica, nazionale ed europea, non può sottrarsi al dovere di garantire corretta e leale concorrenza e compensare gli enormi squilibri con interventi di sostegno a favore delle MPMI e specificamente delle imprese del terziario di mercato e del retail di prossimità, squilibri che continueranno nonostante la minimum tax del 2024”.

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