sabato, 27 Aprile, 2024
Ambiente

Case Green: il Parlamento europeo approva la direttiva

Su 12 milioni circa di abitazione che ci sono in Italia circa la metà è in zona “energivora”; cioè sarebbero da riqualificare. Il Parlamento europeo, dopo anni di trattative politiche e rinvii è arrivato ad approvare la cosiddetta Direttiva Case Green (Energy performance of building directive – Epbd) che ha chiuso un iter accidentato e con molti passi indietro rispetto agli inizi. Sono stati 370 i voti favorevoli, 199 i contrari e 46 gli astenuti. Ora il testo passa al Consiglio europeo e poi potrà entrare in vigore.

Cosa è previsto

La Direttiva prevede ristrutturazione degli edifici, la riduzione delle emissioni di gas serra e promuove l’utilizzo di energie rinnovabili negli edifici. Tra i contrari i partiti italiani, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega. Secondo l’accordo, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030 e gli Stati membri dovranno garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata negli edifici residenziali di almeno il 16% entro il 2030 e di un intervallo compreso tra il 20 e il 22% entro il 2035. Inoltre, sempre gli Stati, dovranno definire un piano nazionale per ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% con le peggiori prestazioni entro il 2033 sulla base di requisiti minimi di prestazione energetica. L’unico vincolo sarà quello di garantire che almeno il 55% della riduzione del consumo medio di energia primaria sia ottenuto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le peggiori prestazioni, quelli più energivori.

Ora tocca ai singoli stati

Secondo gli esperti la Direttiva avrà un forte impatto sui bonus casa. Se, infatti, molti degli sconti attualmente in vigore scadranno alla fine del 2024, già nel 2025 troveremo tracce delle prescrizioni europee nel nostro sistema. Il risultato più visibile sarà legato all’ecobonus e agli sconti per le caldaie. Gli apparecchi che funzionano solo a metano, infatti, non saranno più incentivabili dal 2025. Per i privati la Direttiva europea non prevede piùimposizioni e conseguenti sanzioni. Ad essere obbligato sono gli Stati. Saranno i singoli Paesi membri a definire gli standard di rendimento energetico minimo e a decidere quali fabbricati e quale livello di ristrutturazione sarà necessario: potranno concentrarsi sugli edifici più vecchi con classi di prestazione energetica elevate, oppure su quelli di dimensioni più ampie e più inquinanti.

Entro il 2026 i piani nazionali

Per gli edifici non residenziali, il 16% di quelli con le peggiori prestazioni sarà destinato alla ristrutturazione entro il 2030 e il 26% entro il 2033. Le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 saranno conteggiate ai fini dell’obiettivo ed è prevista una clausola aggiuntiva che premia gli Stati membri che hanno adottato misure tempestive. Sono previste esenzioni per edifici storici e agricoli, e i Paesi membri possono decidere di escludere anche gli edifici protetti per il particolare valore architettonico o storico, gli edifici temporanei, le caserme, le chiese e i luoghi di culto. Posticipato al 2040 l’obbligo di abbandonare caldaie alimentate da combustibili fossili per riscaldamento e nel raffreddamento, ma cesseranno entro il 2025 i sussidi per le caldaie autonome a combustibili fossili. Saranno invece ancora possibili incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento che usano una quantità “significativa” di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore. Per quanto riguarda le energie rinnovabili, l’obbligo installazione di pannelli solari sui tetti riguarderà gli edifici pubblici e non residenziali “in funzione delle loro dimensioni” e tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030. Se tutto andrà come previsto si comincia nel 2026.

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