lunedì, 6 Maggio, 2024
Economia

Imprese contrarie al Cabm dell’Ue. Il Governo si mobiliti per modificarlo

Le tariffe sul contenuto di carbonio dei prodotti farà fuggire le aziende dall’Eurozona 

Come in agricoltura anche per le imprese si moltiplicano i dubbi sul mercato del carbone, il cosiddetto Cbam, che l’Unione europea si era inventata per ridurre le emissioni di carbonio a partire dal 2026: il rischio è che noi lo facciamo, ma gli altri no. “Il nuovo sistema europeo di tariffe sulle importazioni carbon-intensiveche partirà nel 2026 riuscirà solo marginalmente a tagliare le emissioni globali” sostengono le associazioni di categoria. Avrebbe molto più effetto sulla riduzione di gas serra mantenere il mercato del carbonio attuale su prezzi almeno di 100 euro a tonnellata di CO2. Perché sia realmente efficace, il nuovo strumento Ue – il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) – dovrebbe essere replicato sistematicamente anche in altre regioni, non a macchia di leopardo come si prospetta oggi.

Confapi: gravi danni alle imprese

Il presidente di Confapi, Cristian Camisa, dice che “Confapi è stata la prima associazione a prendere posizione nei mesi scorsi su una tematica che, se non ricalibrata, potrebbe creare gravissimi danni all’industria Italiana. È fondamentale che le associazioni datoriali e la politica lavorino assieme per la revisione del Cbam oggi rivolto a colpire solo le materie prime prodotte in Paesi extra europei con alto contenuto di CO2, lasciando invece completamente spalancata la porta europea all’importazione dei semilavorati e dei prodotti finiti prodotti con ancor più alte emissioni”. Secondo un’analisi dell’Asian Development Bank (ADB) il Cbam non funzionerà e bene che vada riuscirà a ridurre le emissioni di gas serra globali di appena lo 0,2% rispetto a un mercato del carbonio con prezzi di 100 euro per tonnellata e nessuna tariffa sul carbonio. Mentre danneggerà sicuramente il giro di affari dei produttori dell’Eurozona.

Buone intenzioni, ma…

Il Cbam fa parte del pacchetto legislativo Fit for 55 ed è attivo, in una prima fase di rodaggio, da ottobre 2023. E’ una tassa sulle importazioni di prodotti ad alto utilizzo di carbonio: cemento, acciaio, alluminio, elettricità, fertilizzanti. Per ore le aziende che importano hanno l’obbligo di rendicontare, ma tra due anni sarà applicata una tariffa. Albert Park, economista dell’Adb scrive che la soluzione non è da scartare completamente, ma per poter funzionare dovrebbero adottarla tutti: “per ridurre significativamente le emissioni di carbonio a livello globale: le iniziative sulla tariffazione del carbonio devono essere estese ad altre regioni al di fuori dell’UE, in particolare all’Asia”.

Ricorso all’esternalizzazione

Il presidente di Confapi, Camisa, aggiunge che “il rischio concreto è che molte grandi industrie, se non ci saranno correttivi quanto prima, decidano di esternalizzare in Paesi Extra Ue il processo di trasformazione oggi fatto dalle piccole e medie industrie Italiane. Occorre difendere il nostro tessuto industriale e lavorare in Italia e in Europa per modificare un provvedimento che rischia di mettere a repentaglio decine di migliaia di imprese”. Anche per il presidente di Uionmeccanica, Luigi Sabadini, c’è da correre ai ripari: “il Governo va impegnato perché si attivi nelle sedi comunitarie a mitigare gli effetti distorsivi della Cbam, estendendone l’applicazione ai prodotti finiti la cui impronta carbonica ecceda quella comunitaria”.

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