Le formule fantasiose usate per definire i governi hanno sempre riguardato la composizione della maggioranza o i partiti che non votavano contro. Abbiamo conosciuto le convergenze parallele, i governi della non sfiducia o delle astensioni, della solidarietà nazionale etc.. Quello di Giorgia Meloni è l’unico che sarà caratterizzato non dal tipo di maggioranza (che è chiara e autosufficiente) ma dal modo agire di un partito dell’opposizione, il Terzo polo di Calenda e Renzi.
Non ha votato la fiducia, non condivide il programma del Governo ma chiede ed ottiene un confronto sulle sue proposte alcune delle quali potrebbero anche essere parzialmente recepite. È il governo dell’opposizione intelligente che spariglia le carte, schiaccia il Pd sui 5S, irrita il cerchio magico del Cavaliere e dà al Presidente del Consiglio un surplus di democraticità togliendole qualsiasi ombra di presunto “autoritarismo”.
Non è poca cosa per un Esecutivo di destra-centro che era stato descritto a tinte molto fosche dai leader delle sinistre (Letta, Conte, Fratoianni) D’altronde con personaggi vulcanici come Calenda e Renzi l’imprevedibilità è l’unica cosa prevedibile. Ma vediamo le possibili conseguenze di questa innovazione
Ci sono questioni di metodo e di sostanza dietro l’inedito dialogo tra Meloni e Calenda.
Sul piano istituzionale è un bel segnale: il Paese, soprattutto nei momenti più difficili si governa sia da dentro che da fuori il governo. È stato sempre questo il pensiero di un grande politico, Ugo La Malfa. Egli sosteneva nell’ Intervista sul non-governo (1977) curata da Alberto Ronchey che il Paese si governa anche dall’opposizione.
Chi fa opposizione non deve stare nella comoda posizione di dire no a tutto, prendendo facili applausi nelle piazze o nei salotti tv, senza ottenere correzioni alle misure del governo.
Di fronte ad una maggioranza ampia, il muro contro muro non aiuta chi governa a decidere meglio e non dà all’opposizione alcun reale margine di efficacia. L’opposizione deve dimostrare di essere capace di far cambiare idea alla maggioranza su qualche punto, altrimenti certifica anche la sua inutilità.
Ma c’è anche una questione di sostanza politica. Il Terzo Polo non sarà la stampella di Meloni ma sarà un segnale molto chiaro a chi cercherà di tendere tranelli o fare sgambetti al Presidente del Consiglio. “Forza Italia aiuti la Meloni invece di sabotarla” ha detto fuori dai denti Calenda provocando l’irritazione di Licia Ronzulli. E il segnale è chiaro: chi rema contro Meloni rischia di provocare non la caduta del Governo ma la scissione nel partito del Cavaliere. Ma ce n’è pure per il Pd che è spiazzato da questa scelta del Terzo polo e rischia di finire secondo nella competizione delle piazze rispetto ai 5Stelle. Calenda ha proposto di rilanciare il reddito di inclusione che prenderebbe il posto del reddito di cittadinanza. Così una bandierina dei 5 stelle verrebbe ammainata definitivamente e il governo di destra-centro riprenderebbe una formula voluta dal governo Gentiloni. Con buona pace degli schematismi manichei.