sabato, 20 Aprile, 2024
Politica

Pensioni, Governo prudente. Sindacati pronti al no

Strada stretta per la legge di Bilancio. Ridimensionata "Opzione donna"

Previdenza, fisco e lavoro, nella “stretta” della manovra. Le soluzioni di riforme e incentivi annunciati fanno i conti con le coperture economiche che sono limitate. Così il giro di vite su “Opzione donna”, la misura previdenziale riservata alle lavoratrici, diventa un caso. Il beneficio viene prorogato di un anno, ma non sarà più per tutte. Anzi l’accesso sarà solo per poche lavoratrici. Un cambio di rotta che spiega bene come il Governo nel procedere nelle decisioni abbia di fronte complicazioni finanziarie impreviste e per ora non superabili.

Tagli, il caso di Opzione donna

Una delle misure previdenziali più attese come “Opzione donna”, non solo subirà un innalzamento di età pensionabile, ma il nuovo testo presenta una versione molto riduttiva rispetto al sistema attuale – pensione anticipata con almeno 35 anni di contributi a 58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome -. La nuova versione, innalzando l’età restringe l’uscita solo ad alcune situazioni. Le opzioni sono tre: le donne che svolgono le mansioni di caregiver, cioè che assistono coniuge o parente con handicap; con invalidità civile superiore o uguale al 74%; poi ci sono le donne licenziate o dipendenti di imprese con aperto un tavolo di crisi. Mentre l’innalzamento dell’età d’uscita a 60 anni, può essere ridotta di un anno per ogni figlio, fino al massimo di due. Secondo i calcoli la nuova versione ristretta porterà un certo risparmio, dagli attuali 110 milioni ad una spesa di soli 20,8 milioni.
I sindacati naturalmente non faranno salti di gioia. Opzione donna insieme ad Ape sociale e la richiesta di una maggiore flessibilità in uscita, rappresentano gli argomenti prioritari per i sindacati che sono pronti a dare battaglia. Per Cgil, Cisl e Uil la Finanziaria di Centrodestra crea più povertà e disuguaglianze.

I tagli sulle pensioni

Per le opposizioni nel dibattito parlamentare sulla Finanziaria non mancheranno altre sorprese negative. Per il Centrosinistra è il caso del taglio alle rivalutazioni delle pensioni. Il meccanismo per ‘fasce’ nel 2023, garantirà 2,1 miliardi di risparmi al netto degli effetti fiscali. Un taglio a beneficio dei conti dello Stato molto ampio. Il Governo prevede una spesa con le innovazioni apportate al di sotto di un miliardo. Nel dettaglio: incremento delle pensioni minime (210 milioni), Quota 103 (571 milioni), proroga dell’Ape social (134 milioni), “bonus Maroni”, (13,8 milioni) e Opzione donne.

Pressing di Confindustria e sindacati

Sul lavoro e stipendi il Governo non scopre le carte. Sindacati e industriali attendono di essere convocati dal premier Giorgia Meloni, ma una proposta organica di riforma che unisca maggiori possibilità di occupazione e un taglio del costo del lavoro, non c’è.
Nel contempo Confindustria preme e sollecita: “una scelta coraggiosa sul tema del cuneo fiscale che permetta ai lavoratori di ottenere liquidità”. Gli industriali sono decidi a far valere le loro posizioni e confidano in un sostegno del presidente del Consiglio. “Il tratto distintivo del presidente Meloni è la coerenza e il fatto di mantenere la parola data”, osserva il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, “ecco allora che ci aspettiamo di essere convocati ad un incontro per confrontarsi su quelle riteniamo le priorità del Paese”. Gli industriali chiedono una svolta. “A partire da un intervento strutturato sul tema del cuneo fiscale che vada al di là di quanto fatto fino ad ora. Ci è stato detto”, puntualizza Bonomi, “che non ci sono le risorse ma per un paese che spende 1000 miliardi euro in spesa pubblica riorientare il 4-5% di quanto speso non dovrebbe essere impossibile”.

Previdenza/lavoro: sinergia in crisi

In settimana, tuttavia, non sono previsti incontri tra il presidente del Consiglio e le parti sociali. L’approvazione della Finanziaria in Parlamento, i conti che Bruxelles esaminerà, hanno assorbito l’impegno del Governo. Tuttavia il tempo stringe. Le riforme ad iniziare da quella del lavoro e delle pensioni non potranno essere rinviate. Lo dicono i numeri. Il costo per prestazioni previdenziali ha raggiunto i 312 miliardi l’anno. Mentre le entrate fiscali scendono perché non sono stati creati nuovi e duraturi posti di lavoro. Quello che da linfa all’intero sistema pensionistico è infatti l’occupazione. In Italia inoltre è in discesa anche il tasso di occupazione, ed è oltre 10 punti sotto la media europea (4 milioni di lavoratori in meno) e quasi 20 punti rispetto al Nord Europa. Uno scenario che spiega come il confronto tra Governo, sindacati e Associazioni datoriali sia ancora da intraprendere e tutto in salita. O per dirla con le parole di Alberto Brambilla, presidente Itinerari Previdenziali, “In Europa lavora in media il 52-53% della popolazione residente, in Italia meno del 38%: la nostra povertà è tutta in queste cifre”.

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