Sei opere in realtà aumentata per conoscere la storia dell’Hiv, la diagnosi, la terapia, per sensibilizzare la comunità e superare lo stigma. È la mostra virtuale dal titolo “Together we can stop the virus”, inserita nella campagna di Gilead partita nel 2019 in collaborazione con 10 associazioni di pazienti. Le opere rappresentano la qualità della vita di chi ne è coinvolto, nelle varie fasi, a partire dalla paura della diagnosi che viene superata dalla conoscenza, dal sostegno di chi è vicino e dalla terapia. Tra le sei opere, una è stata aggiunta quest’anno e rappresenta le sfide e le difficoltà vissute durante l’emergenza Covid-19. “Il titolo di questa iniziativa – ha detto Cristina Le Grazie, direttore medico Gilead Sciences Italia, nel corso dell’evento online di presentazione – raccoglie un po’ tutto il significato che rappresenta per noi. È un’iniziativa corale che coinvolge associazioni di pazienti, comunità scientifica e azienda, con l’obiettivo di sensibilizzare ancora una volta la comunità del Paese sulla realtà dell’infezione da Hiv e su come i pazienti e i soggetti portatori del virus la vivono”.
“Insieme si possono realizzare iniziative – ha continuato – che vanno al di là della diagnosi e della terapia e vanno nella direzione di mantenere alta la sensibilità su questa infezione. L’ultimo virus con cui ci stiamo confrontando – ha spiegato – dimostra ancora una volta che è una battaglia che non si può combattere su un unico fronte: tutti devono essere coinvolti. Vogliamo usare un linguaggio universale, quello dell’immagine e dell’arte. Continuiamo con la ricerca – ha aggiunto – in termini di innovazione terapeutica, ma anche sulla prevenzione e sulla cura. Nello stesso tempo dobbiamo lavorare per aiutare anche a portare consapevolezza, a mantenere alta nell’agenda della politica l’importanza del virus e delle risorse necessarie per controllarlo e fare emergere l’infezione sommersa. Si stima – ha affermato – che in Italia sono ben 18 mila le persone affette dal virus che ancora non sanno di averlo”.
Lorenzo Badia, dirigente medico di Malattie infettive presso l’Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna, ha ricordato che oltre a “fare la diagnosi, iniziare la terapia e sopprimere il virus dobbiamo anche fare in modo che chi vive con Hiv abbia una buona qualità di vita”. Sandro Mattioli, presidente Plus, persone Lgbt+ sieropositive e co-presidente Icar2020, si è soffermato sulle difficoltà riscontrate da “chi ha l’Hiv e altri pazienti portatori di patologie croniche”, a causa dell’emergenza coronavirus e “del fatto che gli ospedali sono pieni. Siamo stati messi forzatamente da parte – ha aggiunto – e ci sono preoccupazioni per il futuro rispetto alla ripartenza. Sono previsti cambiamenti, ma ancora non è chiaro come verranno effettuati. C’è da sempre una bella sinergia tra clinici e associazioni di pazienti – ha continuato -, sarebbe carino che iniziassimo ad avere una bella sinergia tra pazienti e parte politica, un po’ assente su questo tema”. Per Giovanni Franchina, fondatore e amministratore di Bepart, l’iniziativa “parte da un assunto, ovvero che l’arte sia uno strumento molto importante per affiancare le campagne di informazione e per creare una consapevolezza diffusa che parta dall’immagine e stimoli, in sincronia con contenuti di approfondimento scientifico, la dimensione dell’immaginario collettivo”. (Italpress)