lunedì, 30 Dicembre, 2024
Società

Unicef: “Sofferenze insopportabili per i bambini, urgente un cessate il fuoco”

La guerra a Gaza continua, e con essa non diminuisce il significativo impatto del conflitto sui civili che abitano la striscia. Da Gaza continuano ad arrivare denunce su denunce riguardo le ricadute di questo scontro sulle popolazioni locali, riuscendo a suscitare continui interventi del pontefice e di esponenti politici in tutto il mondo, e suscitando grande polemica ed impattando significativamente sull’opinione degli elettori Usa che voteranno il prossimo novembre. Questo ovviamente è causa di grande attivismo della presidenza Biden, che mantiene saldo il sostegno a Israele ma preme per una fine del conflitto.

Le parole

Salim Oweis, communication officer dell’Unicef, in una recente dichiarazione ha sottolineato come, sebbene i video diffusi dai media offrano una visione parziale della tragedia, non riescono a trasmettere appieno la portata della distruzione. “Dietro gli edifici sbriciolati si nascondono interi quartieri, mezzi di sussistenza e sogni rasi al suolo”, ha dichiarato. “L’immagine di una madre sfollata, che porta sulle spalle il proprio figlio e tutto ciò che possiede, simboleggia la disperazione di centinaia di persone costrette a lasciare le proprie case”.

Mancano le risorse

La situazione a Gaza è tale che non esistono più veri è propri rifugi per la popolazione, e le risorse essenziali sono in rapido esaurimento. “Non lo diremo mai abbastanza: non c’è un posto sicuro e tutto sta finendo: cibo, acqua, carburante, medicine. Tutto”, ha detto Oweis, descrivendo una realtà sempre più drammatica. A Deir al-Balah, cittadina al centro di Gaza, il sistema igienico-sanitario è sovraccarico di sette volte la sua capacità, a causa dell’enorme numero di sfollati. Le famiglie chiedono disperatamente sapone e prodotti per l’igiene, costrette a ricorrere a rimedi di fortuna come acqua e sale o acqua bollita con limone per curare le eruzioni cutanee, mentre i medici lottano contro la mancanza di risorse e medicinali.

La storia

Particolarmente toccante è la vicenda raccontata da Oweis, di Abdel Rahman, un bambino di 10 anni ferito durante un attacco aereo, a cui è stato diagnosticato un cancro alle ossa. La madre, Samar, ha espresso con parole strazianti il proprio dolore: “Vorrei che mio figlio morisse e non soffrisse come sta facendo ora”. Le sue parole riflettono la disperazione di molte famiglie, impotenti di fronte all’impossibilità di ottenere cure adeguate per i propri figli.

Portare aiuto

In questo contesto, l’Unicef continua a lavorare per portare aiuto, anche se le difficoltà sono enormi. Oweis ha raccontato la storia di Yahya, un bambino di 8 mesi, nato prematuro e separato dai genitori a causa del conflitto. Dopo mesi di ansia e un pericoloso viaggio attraverso i check point militari, Yahya è riuscito finalmente a incontrare suo padre per la prima volta. “Vedere Zakaria piangere di gioia e di sollievo è il motivo per cui persistiamo nonostante le numerose sfide”, ha commentato Oweis, descrivendo il successo di una missione di riunificazione che ha coinvolto sette bambini di quattro famiglie.

La speranza

Nonostante tutto, l’Unicef continua a nutrire la speranza di un cessate il fuoco, considerato l’unica possibilità di sopravvivenza per molti bambini a Gaza. “I bambini di Gaza si aggrappano ancora alla convinzione che questo giorno arriverà, e l’Unicef condivide questa speranza”, ha concluso Oweis, enfatizzando quanto possa essere urgente porre fine a una guerra che sta infliggendo sofferenze indicibili alla popolazione, e in particolare ai più piccoli.

Parallelamente, gli Stati Uniti, il Qatar e l’Egitto hanno esortato Israele e Hamas a riprendere le trattative per un cessate il fuoco, proponendo il 15 agosto come data per i negoziati, da tenersi a Doha o al Cairo. In una nota congiunta, i tre paesi hanno sottolineato che “non c’è ulteriore tempo da perdere o scusa per ulteriori ritardi. È il momento di rilasciare gli ostaggi, iniziare il cessate il fuoco e attuare l’accordo”. La nota aggiunge che i mediatori sono pronti a presentare “una proposta ponte finale” per risolvere le questioni rimanenti, al fine di soddisfare le aspettative di tutte le parti coinvolte.

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