lunedì, 18 Novembre, 2024
Politica

Giustizia, l’Anm sulla separazione delle carriere: “Un passo indietro”

Il Presidente Santalucia: “C’è il rischio di ridimensionare il potere giudiziario”

“Una svolta che servirebbe a indebolire il potere giudiziario”. Questo il commento espresso dal Presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, durante l’audizione di ieri presso la Commissione parlamentare Affari Costituzionali alla Camera dei Deputati, nell’ambito dell’esame dei progetti di legge per modificare l’articolo 87 e il titolo IV della parte II della Costituzione riguardo alla separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura, e l’istituzione della Corte disciplinare. “La separazione delle carriere dei magistrati rappresenta un grande passo indietro per l’Associazione – ha proseguito Santalucia – poiché non rafforza né l’autonomia né l’indipendenza dei magistrati giudicanti e inquirenti. Nei Csm i magistrati inquirenti saranno in maggioranza numerica, il che rafforzerà i pubblici ministeri a scapito dei giudicanti. Questo squilibrio renderà la magistratura inquirente più autoreferenziale”.

Continuando sul tema, il Presidente dell’Anm ha aggiunto che “si sta verificando un’eterogenesi dei fini: l’obiettivo era rafforzare il ruolo del giudice, ma in realtà si rafforzerà il Pm, creando uno squilibrio. Si crede di risolvere i problemi della giustizia aumentando l’influenza della politica, ma questa non è la soluzione giusta. Pur riconoscendo che la magistratura ha commesso errori, è essenziale che la terapia adottata risponda ai reali bisogni di cura. Tuttavia, ritengo che questa misura aggraverà ulteriormente il problema”.

Un meccanismo che indebolisce

“La creazione di due Csm – ha continuato Santalucia in audizione con il Segretario generale Salvatore Casciaro -, uno per la magistratura requirente e l’altro per quella giudicante, indebolirà l’organo giudiziario, trasformando i Csm in semplici gestori delle carriere e dando origine a due voci divergenti sui temi della giustizia. Questa divisione non rafforzerà il concetto di giustizia, ma lo indebolirà” e per quanto riguarda le novità nei sistemi di elezione dei componenti “il sorteggio non ha migliorato la capacità delle commissioni di selezionare i candidati. Modificare i sistemi di elezione depotenzierà ulteriormente il Csm” chiarendo, riguardo al metodo di elezione, che “l’esperienza del sorteggio nelle commissioni di concorso per gli esami di abilitazione universitaria, analizzata in uno studio del 2017 dell’Ufficio valutazione impatto del Senato, dimostra che il sorteggio non ha migliorato la capacità di selezionare i migliori candidati dal 2008. Nonostante ciò, si sta esaltando il sorteggio come una soluzione efficace, mentre in realtà non ha prodotto risultati significativi nel settore in cui è stato applicato. Questa modifica priverebbe i magistrati del diritto di elettorato attivo e passivo e ridurrebbe il potere del Csm, che perderebbe la rappresentatività parziale dell’ordine giudiziario riconosciuta dalla Corte Costituzionale. Inoltre, si prevede una distinzione ingiustificata nel meccanismo di elezione dei membri laici, che saranno eletti e successivamente sorteggiati tra gli eletti”.

Il Segretario generale Casciaro ha poi aggiunto che “la frammentazione del Csm inciderebbe negativamente su una competenza chiave come la disciplina, poiché i due Csm non avrebbero una visione d’insieme, non dialogherebbero tra loro e non esisterebbe alcuno strumento di raccordo. Questo rafforzerebbe immediatamente il Pm, che acquisirebbe un potere decisionale sulle carriere dei magistrati requirenti molto più forte rispetto a quello attuale, con conseguenze significative. Inoltre, il correntismo ha danneggiato l’intera magistratura, e il sorteggio non ha alcun valore democratico. È necessario permettere alla magistratura di fare scelte effettive: dando libertà di scelta ai magistrati, il potere delle correnti diminuirà. Ci sarà un’involuzione della figura del Pm, con una minore protezione dei diritti dei cittadini e delle libertà. Il disegno di legge colpisce il nucleo dell’associazione giudiziaria, attiva da 60 anni, e va a intaccare le garanzie collaterali fondamentali dell’associazione” ha concluso Casciaro.

L’Alta Corte disciplinare

Secondo Santalucia, poi, “Il tentativo del governo di instaurare una terzietà della magistratura attraverso la separazione delle carriere è destinato a fallire, risultando incompiuto. La magistratura rimane unitaria e indipendente da altri poteri, e la terzietà che si intende ottenere non sarà mai realmente raggiungibile. L’Alta Corte disciplinare proposta per la magistratura ordinaria non garantirà né la prevalenza numerica della magistratura requirente né di quella giudicante, contraddicendo il principio di proporzione sancito dal Csm. L’Alta Corte disciplinare, che aveva un suo significato in passato quando si pensava di unificare le magistrature, viene ora strutturata come un tribunale speciale esclusivamente per la magistratura ordinaria. Questa Corte dimostra che la separazione delle carriere non risponde al principio dell’articolo 111 e serve solo a indebolire il sistema di governo autonomo della magistratura. Di fatto, i Csm vengono ridotti a semplici uffici del personale, incaricati della gestione burocratica delle carriere”. “Inoltre – ha sottolineato il Presidente dell’Anm – il Ministro della Giustizia e il Procuratore Generale della Cassazione continueranno a essere responsabili dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati giudicanti. Questa proposta di legge costituzionale conferisce un ampio potere al legislatore, rendendo i cassazionisti arbitri delle carriere e delle azioni disciplinari. In sostanza – ha concluso Santalucia – si tratterebbe di un forte passo indietro: non solo non si rafforza l’autonomia, ma si crea un’inquirente separata e più potente, con il Pm che acquisirà maggior potere a danno dell’indipendenza dei giudicanti, generando uno squilibrio e potenzialmente creando problemi costituzionali in futuro”.

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