L’appello alla difesa del Servizio sanitario nazionale lanciato negli scorsi giorni dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato raccolto dal segretario generale Fimmg Silvestro Scotti che, tra l’altro, nel corso della sua relazione annuale al Congresso Nazionale Fimmg, ha evidenziato come questa difesa non possa prescindere dal valorizzare i professionisti che sono colonna portante della risorsa Servizio sanitario nazionale. “Servono risorse per rendere attrattiva anche la medicina generale. Da anni chiediamo interventi di defiscalizzazione dei fattori di produzione della medicina generale. È essenziale che il Governo dia risposte concrete alle esigenze di tutti i professionisti che nel pubblico sono impegnati a tutela del diritto alla salute dei cittadini. Avviare oggi un processo di defiscalizzazione delle indennità accessorie della medicina generale, così come prospettato per l’area della dipendenza, ci metterebbero in condizione di migliorare l’assistenza quotidianamente resa ai cittadini e ci sosterrebbe nella gestione dei costi”, dice Scotti riferendosi alle anticipazioni dei contenuti della prossima Legge di Bilancio, in modo particolare sulle ipotesi di investimento a sostegno della professione medica.
Risorse per la sanità
Dunque, il leader Fimmg auspica un provvedimento che “dovrà necessariamente trovare risorse per la sanità, guardando anche alla medicina del territorio per il ruolo chiave che svolge nell’assicurare una risposta alle esigenze di salute dei cittadini”. Una realtà, quella della medicina generale, ben rappresentata dai numeri: 60.000 studi di medici di famiglia distribuiti in tutto il Paese e la capacità di rispondere alla quasi totalità (97,6%) di richieste di consultazione di un medico da parte dei cittadini (oltre 600 milioni/anno) a fronte degli accessi ai pronto soccorso che sono circa 14,5 milioni (2,4%). Il medico di famiglia resta un presidio capillare sul territorio, un riferimento imprescindibile per una popolazione composta al 25% da ultra65enni con un’alta prevalenza di patologie cronico degenerative e che per il 17% risiede in comuni con meno di 5.000 abitanti.