Nel nostro Paese l’adesione ai fondi pensione di tipo complementare è ancora ferma al 33% degli appartenenti alla forza lavoro, percentuale troppo esigua se paragonata a quella di altri Stati europei. Un aumento delle adesioni porterebbe due importanti vantaggi: un rafforzamento del loro ruolo nella vita economica del nostro Paese, con ben altro potere negoziale in qualità di in qualità di investitori istituzionali; un beneficio indubbio per i lavoratori e la società nel suo insieme dal punto di vista fiscale nella fase dei versamenti , e dal punto di vista del mantenimento del tenore di vita nella fase della prestazione, ovvero al raggiungimento dei requisiti pensionistici da parte dei lavoratori aderenti.
L’Europa, tra PEPP e PNRR
L’ultima riforma del settore, in Italia, risale a 16 fanni fa. L’occasione per rilanciare il settore potrebbe essere offerta dall’attuazione del Regolamento europeo che consente la creazione di prodotti pensionistici individuali paneuropei (PEPP):a partire da marzo 2022, sarà possibile offrire i PEPP in tutti gli Stati membri che abbiano adottato misure di accoglimento della normativa europea. Le principali novità riguardano un’architettura del prodotto più flessibile e aperta e le modalità di erogazione delle prestazioni, più snelle.
Collegata a questa importante novità, il cui successo sarà tutto da verificare, c’è poi il progetto di riforma della tassazione dei fondi medesimi che, tra la varie ipotesi al vaglio della Commissioni Finanza di Camera e Senato, prevede il passaggio dall’attuale modello ETT al modello EET, più diffuso a livello europeo.
La riforma del settore nel suo complesso ci è peraltro richiesta dall’ Europa, insieme al superamento dell’attuale Quota 100. E’ questa una delle condizioni imprescindibili per accedere ai fondi del PNRR, di cui l’Italia è la principale beneficiaria.
Il progetto di riforma della previdenza pubblica: oltre Quota 100
Con la fine di Quota 100 il rischio scalone è concreto. Ci sarebbe un aumento dei requisiti per il pensionamento di ben sei anni nella notte fra il 31 dicembre 2021 e il 1° gennaio 2022, come quello introdotto nel 2011 dal governo Monti. Dal 1° gennaio il pensionamento sarebbe accessibile solo a partire dai 67 anni di età senza un’eventuale armonizzazione: per gli esclusi ci sarà un aumento secco di cinque o sei anni dei requisiti di pensionamento.
Le proposte attualmente al vaglio dell’esecutivo sono l’APE sociale allargata e Opzione Donna; Quota 41 e Quota 101, solo per citare le più discusse. Ma le risorse? Secondo L’INPS non ci sono.
Perché la previdenza complementare è importante per l’intero sistema
Proprio per questo motivo, e non solo, è importante capire quanto la previdenza complementare sia importante per l’intero settore e sistema Paese. Gli schemi della previdenza pubblica sono basati sul sistema a ripartizione, ovvero l’utilizzo dei contributi correnti per il pagamento delle pensioni in essere e le prestazioni sono legate al Pil. Il Legislatore del 1995, con l’introduzione del sistema contributivo , ha stabilito anche di legare la rivalutazione annua del montante all’andamento del Pil.
Uno studio condotto da Manageritalia su dati Isvap e Covip, ha rilevato come nel periodo 2010 – 2020 il tasso medio annuo di rivalutazione dei montanti risulti rispettivamente dell’1% nella previdenza obbligatoria e del 3,6% nel caso di quella complementare.
Al di là dei rendimenti, diventa sempre più essenziale per il legislatore armonizzare l’intero settore pubblico privato, non dimenticando quanto l’invecchiamento della popolazione renda più fragile il sistema a ripartizione , ovvero l’utilizzo dei contributi correnti per il pagamento delle prestazioni in essere.