I nomi sono tutti complicati e nascondono, secondo gli ambientalisti, principi attivi che danneggiano la salute umana.
Si chiamano: Boscalid, Dimethomorph, Fludioxonil, Acetamiprid, Pyraclostrobin, Tebuconazole; – solo per citarne alcuni -, di una lista molto lunga.
Sono i pesticidi più diffusi negli alimenti in Italia. “Si tratta”, sottolinea Legambiente, “per la maggior parte fungicidi e insetticidi utilizzati in agricoltura che arrivano sulle nostre tavole e che, giorno dopo giorno, mettono a repentaglio la salute dell’ambiente e la nostra”.
I consumatori, secondo gli ambientalisti, stanno chiedendo prodotti sempre più sani e sostenibili ma il business dell’agricoltura intensiva sembra non voler cedere il passo. A dare indicazioni su quanti pesticidi vengono irrorati nei campi e quali danni arredano è l’edizione 2020 del rapporto di Legambiente, redatto in collaborazione con Alce Nero che illustra una situazione che vede risultare regolare e privo di residui di pesticidi solo il 52% dei campioni analizzati. “Senza dubbio, un risultato non positivo”, sottolineano con disappunto gli ambientalisti, “e che lascia spazio a molti timori in merito alla presenza di prodotti fitosanitari negli alimenti e nell’ambiente. Analizzando nel dettaglio i dati negativi, si apprende che i campioni fuorilegge non superano l’1,2% del totale ma che il 46,8% di campioni regolari presentano uno o più residui di pesticidi”.
Per garantire elevati standard di qualità nella produzione agricola e al contempo proteggere le piante dagli attacchi di insetti e dal possibile sviluppo di malattie biotiche, l’impiego in agricoltura di pesticidi è largamente diffuso, nonostante oggi sia possibile ricorrere a tecniche di intervento o prevenzione alternative, come ad esempio l’applicazione di corrette pratiche di gestione agronomica.
Restituire il quadro della presenza, in Italia, di residui di pesticidi negli alimenti e nell’ambiente è l’obiettivo del dossier annuale “Stop pesticidi”.
“La quantità di residui derivanti dall’impiego dei prodotti fitosanitari in agricoltura”, si legge tra l’altro nella presentazione del rapporto di Legambiente, “che i laboratori pubblici regionali hanno rintracciato in campioni di ortofrutta e prodotti trasformati, resta elevata. Ma il problema vero è il multiresiduo, che la legislazione europea non considera come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o addirittura sinergici a scapito dell’organismo umano”.