martedì, 17 Dicembre, 2024
Società

La confessione di Silvia Romano: “Perchè porto il velo”. E Souad Sbai replica

Silvia Romano, la cooperante italiana rapita in Kenya da un gruppo terrorista islamico e tenuta prigioniera in Somalia per un anno e mezzo, ha rotto il silenzio parlando della sua prigionia e dei motivi che l’hanno spinta a convertirsi all’Islam diventando Aisha.

La Romano ha rilasciato un’intervista al giornale online “La Luce” diretto da Davide Piccardo, dirigente della Comunità islamica della Lombardia. Ecco i punti salienti dell’intervista:

“Ero completamente indifferente a Dio, anzi potevo definirmi una persona non credente; spesso, quando leggevo o ascoltavo le notizie sulle innumerevoli tragedie che colpiscono il mondo, dicevo a mia madre: vedi, se Dio esistesse non potrebbe esistere tutto questo male … quindi Dio non esiste, altrimenti eviterebbe tutto questo dolore. Mi ponevo queste domande rarissime volte, solo quando – appunto – mi confrontavo con i grandi mali del mondo. Nel resto della mia vita ero indifferente, vivevo inseguendo i miei desideri, i miei sogni e i miei piaceri”.

Poi la conversione all’Islam maturata nel periodo della prigionia: “Ero disperata perché, nonostante alcune distrazioni come studiare l’arabo, vivevo nella paura dell’incertezza del mio destino. Ma più il tempo passava e più sentivo nel cuore che solo Lui poteva aiutarmi e mi stava mostrando come…”.

Quanto alla sua decisione di indossare il velo Aisha risponde: “Il concetto di libertà è soggettivo e per questo è relativo. Per molti la libertà per la donna è sinonimo di mostrare le forme che ha; nemmeno di vestirsi come vuole, ma come qualcuno desidera. Io pensavo di essere libera prima, ma subivo un’imposizione da parte della società e questo si è rivelato nel momento in cui sono apparsa vestita diversamente e sono stata fatta oggetto di attacchi ed offese molto pesanti. C’è qualcosa di molto sbagliato se l’unico ambito di libertà della donna sta nello scoprire il proprio corpo. Per me il mio velo è un simbolo di libertà, perché sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore, perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima. Per me la libertà è non venire mercificata, non venire considerata un oggetto sessuale”.

Dichiarazioni che non hanno mancato di suscitare polemiche. A Silvia Romano ha infatti risposto Souad Sbai, giornalista, scrittrice, musulmana laica di origini marocchine, ed ex parlamentare.

“Non entro – ha spiegato Souad Sbai – nel merito delle ragioni che hanno portato Silvia Romano alla conversione, perché si tratta di una decisione personale che non sta a me giudicare. Ma francamente non comprendo il senso di queste dichiarazioni che definirei “a gocce” ossia diluite nel tempo, con l’aggiunta di considerazioni che non esito a definire inaccettabili”.

Alla Sbai non è piaciuto il riferimento al velo come simbolo di libertà. “Se la Romano vuole portare il velo liberissima di farlo, io ho grande rispetto per le donne musulmane che decidono di indossarlo come atto di devozione. Ma non dobbiamo dimenticare anche l’altra faccia della medaglia, ovvero il fatto che in molti Paesi islamici il velo è un simbolo di oppressione contro cui tante donne musulmane combattono, finendo in prigione o addirittura venendo uccise. Donne che lottano per il diritto di poter mostrare la propria testa senza dover subire imposizioni che non hanno alcun fondamento di carattere religioso. Chiederei pertanto a Silvia Romano di avere rispetto per queste donne che a differenza sua vogliono essere libere di non indossare il velo e non possono farlo per non subire ritorsioni o rischiare la vita. Anche perché, parlare di libera scelta quando si è prigionieri, mi sembra una contraddizione”.

Souad Sbai conclude: “Il messaggio secondo cui indossare il velo eleverebbe dignità e onore lo ritengo offensivo nei confronti della cultura occidentale da cui questa ragazza comunque proviene, e nella quale molte ragazze musulmane vorrebbero integrarsi scontrandosi spesso con il fondamentalismo delle famiglie di origine. Abbiamo avuto ragazze sfregiate irrimediabilmente o uccise senza pietà dal padre o dai fratelli per la sola colpa di voler vivere all’occidentale senza l’obbligo di dover nascondere il proprio corpo. Ecco. con certe dichiarazioni Silvia Romano non fa onore alla loro memoria”.

(Lo_Speciale)

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