Clienti che si sono dileguati. Turisti inesistenti. Consumi che subiranno un cambio di organizzazione, di mode e di preferenze, per effetto dell’emergenza Coronavirus. Il primo bilancio della Fase 2 non è entusiasmante, e si spera in un aggiustamento di tiro. Ma i dati rilevati da Coldiretti parlano di un
crollo pari a quasi l’80% dei consumi. “Tonfo che si è registrato in ristoranti, pizzerie, trattorie e agriturismi per effetto delle mancate riaperture ma anche per il ridotto afflusso della clientela che ha provocato un drastico taglio delle forniture alimentari rispetto alla norma”, stima la Confederazione sull’inizio della Fase 2 con la possibilità per gli italiani di tornare a mangiare fuori casa.
“A pesare sul calo delle ordinazioni di cibo e bevande”, sottolinea la Coldiretti, “è stata in molti casi la decisione di non riaprire ma anche il calo delle presenze per la chiusura degli uffici con lo smart working e l’assenza totale dei turisti italiani e stranieri”. Le difficoltà sono note, e riguardano il distanziamento oltre che ora un timore diffuso di essere in luoghi più frequentati.
“Meno impattante in questa fase le sale spesso semivuote è stato invece”, precisa la Coldiretti, “il vincolo del rispetto delle distanze con la riduzione dei posti a sedere disponibili.
Un duro colpo per l’economia nazionale con la spesa degli italiani per pranzi, cene, aperitivi e colazioni fuori casa prima dell’emergenza coronavirus che”, da presente la Coldiretti, “era pari al 35% del totale dei consumi alimentari degli italiani per un valore di 84 miliardi di euro”. I problemi però non finiscono alle mancate presenze in bar e ristoranti, ad esserne danneggiata è l’intera catena agroalimentare, il che significa produzioni in difficoltà e l’intera filiera che accusa un colpo inedito quanto dannoso.
“Le difficoltà della ristorazione italiana”, sostiene ancora la Coldiretti, “hanno un effetto a valanga sull’agroalimentare nazionale con il mancato acquisto di cibi e bevande in industrie ed aziende agricole. I settori piu’ colpiti”, elenca la Coldiretti, “sono dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco”. Le difficoltà si sono replicate in tutti i settori classici della ristorazione.
“Una partenza a rilento che riguarda anche i 24mila agriturismi italiani , spesso situati in zone isolate della campagna in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto, che sono forse”, conclude la Coldiretti, “luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche e con l’arrivo della bella stagione sostenere il turismo in campagna significa evitare il pericoloso rischio di affollamenti al mare o nelle città”.